Nè giusto, nè sbagliato
2aprile 14, 2012 di carlovanni
Magari vi sarà capitato di incontrarlo sulle seriose copertine della Adelphi grazie a un titolo splendido, “La follia di Banvard”; se assomigliate a me, uno dei motivi che vi spinge a leggere un libro spesso non è altro che un tiolo ben riuscito.
“La follia di Banvard”, di suo, è poi bellissimo ed educativo, e magari ne parleremo un’altra volta; parla comunque di perdenti ormai dimenticati dalla storia dopo che erano arrivati così vicini al cielo, e anche di cose che un tempo si pensava non dovessero finire mai, e oggi non esistono più e nessuno se le ricordava.
Paul Collins però in lingua italiana ha almeno un’altra letale freccia al proprio arco: “Nè giusto nè sbagliato”, che parte da una situazione autobiografica per poi scendere nel merito di una dissertazione lunghissima ed estremamente affascinante sull’argomento introdotto.
E l’argomento è: supponete di entrare dal medico con vostro figlio per un controllo di routine, tranquilli e sereni, ed uscirne terrorizzati perchè vi hanno detto che il bambino è autistico.
Ci riuscite?
Ok.
Allora poi potete immaginare tutto il percorso di Collins, che di professione fa lo storico, attraverso tutto lo scibile umano per andare a ritroso nel tempo e cercare di capire come funziona il cervello, cosa determina la nostra intelligenza, le nostre sensazioni, come ci arrivano, perchè diciamo “verde” e normalmente non ne sentiamo l’odore, cosa è la sinestesia, perchè non siamo tutti autistici, chi è un autistico, cosa determina questa patologia, se sia una patologia o meno, c’è vita oltre l’avere un figlio considerato handicappato, e così via.
Se non vi affascinano nemmeno un poco questi interrogativi, sinceramente, non so nemmeno cosa ci stiate a fare a leggere queste pagine: quello di Collins non è un libro, è un vero e proprio viaggio attraverso tutto quello che credevate di sapere non tanto e non specificamente sull’autismo, ma su voi stessi e il vostro rapporto con il mondo.
L’idea di un viaggio attraverso ciò che credo di sapere su me stessa e sul mio rapporto col mondo mi affascina e mi terrorizza nel contempo. Vacillo tra il desiderio di conoscermi meglio e quello di dimenticarmi del tutto. Questo libro finisce nella mia wishlist, anche se, a giudicare dalla sua estensione, mi domando quando riuscirò davvero a leggere tutto ciò che vi ho inserito.
Onestamente, mi ha molto incuriosito anche il tuo accenno iniziale alla Follia di Banvard; attendo con ansia un post dedicato (ormai hai gettato la pietra, non puoi nascondere la mano).
Più leggo i tuoi post più mi accorgo che non scrivo una riga su ciò che leggo da molto, molto tempo. Dall’estate dell’anno scorso, per la precisione. Ormai mi tengo tutto dentro, dato che non ne parlo neanche, e prima o poi esploderò, terrorizzando canepapero ed inondando le pareti di parole melmose e ghirigori multicolore.
Ma sai che non ricordo più se ti ho mai chiesto se tu hai una libreria virtuale su anobii.com?
Bacio, a presto.
PS: e sono come te anche nella mia conclamata sudditanza psicologica dai titoli; esercitano su di me una malìa potentissima! :*
Io sono attratto anche dai formati, dal colore e dalla copertina, un vero nerd della carta stampata. Se non c’è tutto il pacchetto difficilmente mi avventuro, preferisco allora rifornirmi alla cara vecchia Municipale, che ha il pregio di consentirmi esperimenti senza gravare sulle risibili economie.
No, anoobi l’ho visitato, ma non ho mai capito a cosa serve! Temo di essere un po’ tardo!
La Follia di Banvard, ecco, è educativo, fra non molto ne scriverò. Tratta principalmente di due temi: il primo, quanto si possa arrivare vicino alla fama immortale per poi rovinare rovinosamente in un nonnulla; il secondo, di quanto la storia, libri e notizie mancando, ci metta un attimo a cancellare avvenimenti, mode e situazioni che sembrano dover durare per sempre. Per molti versi divertente, per molti altri amaro!