Una tremenda inondazione, le cavallette
Lascia un commentogennaio 5, 2018 di carlovanni
Voi sapete quanto mi facciano cacare gli zeloti del Pensiero Positivo, quella manica di rincoglioniti che pensano che sedersi su di un paracarro e inondare il prossimo di frasi smielate e il padreterno di letterine sulle ultime minchiate senza le quali la loro vita non può proseguire, tipo, un uomo alto bello ricco intelligente che cachi proprio loro (proprio loro!), la casa al mare, il SUV, la pleistescion, le borsetta di Gucci, la cura per il cancro quando già hanno i limoni e il bicarbonato, stocazzo in salmì. Pensiero Negativo nasce apposta come resistenza a questi rincoglioniti asfissianti.
Eppure, c’è un altro fronte che si è aperto da poco e, forte del fatto che trae radici in una lunga e fortunata tradizione italiana, fa passi da gigante: il lamentismo becero e coatto, traversale alle generazioni, che ha fatto del lamento del perdigiorno al bar un vero e proprio stile di vita. Non è Pensiero Negativo: è disfattismo allo stato puro. Lo sappiamo tutti che la vita può essere una merda. Ma sappiamo anche che 99 persone su 100 che lo dicono si stanno solo dando un tono. E, sì, la loro vita è una merda, ma per motivi diversi da quelli che ti dicono mentre si lamentano col ditino alzato.
Quale è il motivo per cui se tutti i dati dicono che stiamo vivendo in un mondo sempre migliore ogni giorno tutti pretendono di vivere in un mondo sempre più arido, violento, atroce, destinato al dissolvimento, alla sconfitta?
Perché i dati ci sono, sapete:
Basta saper leggere. E’ facile.
In realtà, il giochino è di una semplicità plateale.
Se pensate che il mondo sia una merda, allora il mondo è una merda. Se pensate che sia un posto favoloso, allora il mondo è un posto favoloso.
In realtà rimane sempre la favolosa merda che è, ma voi avete un umore differente che vi consente, o non vi consente, di fare cose.
Il problema è che vi imbeccano come merli.
La più grande crisi economica della storia fu risolta grazie a un tipo che convinse i bietoloni che bisogna aver paura solo della paura. Con quattro cazzate risollevò il mondo.
In periodi di vacche magre atroci tutti intraprendevano, spendevano e spandevano perchè qualcuno gli diceva che andava tutto benissimo, che non si preoccupassero. E l’economia andava felice e contenta. Vedi alla voce, edonismo reaganiano, berlusconismo. Si trattava solo di narrazioni, ma erano tutti contenti e felici e produttivi. Certo, i più furbi imboscavano tutto, ma gli altri non si lamentavano.
Oggi due categorie di stronzi si sono resi conto che possono guadagnare sul malcontento: i giornalisti, che campano sulle tirature, e i politici, che campano sul giochino “adesso vengo io e metto tutto a posto”. Per la verità, non da oggi: solo da migliaia di anni, però oggi funziona meglio perché anche la pecora contribuisce a diffondere le notizie false.
Perché è chiaro, che non c’è da aver paura solo della paura. Si può avere paura anche del cancro, della solitudine, delle corna, della fine del mondo, della pioggia, dei gatti, delle siringhe sporche e di quelle pulite, dei bambini, dei piccioni, dei pulcini, dei ladri, dei germi, dei rapporti anali, della povertà, della fame, delle statue, degli stranieri, degli strupratori e di tante altre cose. E su queste, le categorie di cui sopra ci fanno i soldi, ci intingono il pane.
Il mondo sta migliorando. Il vostro mondo, quello che avete dentro, e che vi fa vedere le cose come sono o come no, sta peggiorando. Lo fanno altri per voi, ma voi lo lasciate fare perché in questo siete complici.
Perché se il mondo è una merda e la vostra vita non è tanto carina allora sai, il mondo è una merda.
Ma se siete infelici e il mondo è bello allora siete ancora più infelici. Perché potrebbe essere colpa vostra, oppure peggio ancora, essere soli nella vostra infelicità. E questo proprio non potete rischiare di permettervelo. Meglio merda per tutti e buona lì, il rapporto di classe.
Ammettetelo. Ormai vi divertite più con le cose crudeli e ciniche di quanto non vi commuoviate di fronte alle cose splendide.
Vi rendete conto di cosa state costruendo?