Tutti i successi, Euri ventisei

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aprile 17, 2012 di carlovanni

Passo di fianco alla vetrina dei dischi, settore notoriamente in gravissima crisi a causa del fatto che

a) i giovani non capiscono niente di musica;

b) si pirata tutto su Internet;

c) non c’è più la musica di una volta,

e leggo un mezzo espositore (facciamo, metri 3 per 2 circa) di meravigliosi imperdibili CD che invoglierebbero chiunque, dico, CHIUNQUE all’acquisto.

Mina. I grandi successi, Euro 22.

Sempre Nomadi, Euro 26.

Fronte del palco, Euro 28 (contenuti speciali).

E via di questo passo.

Istintivo e subitaneo mi sorge un pensiero moderato e colloquiale:

MA ALLORA NON AVETE CAPITO UN CAZZO!

Dovunque ti volti, senti parlare di orribile crisi del mercato discografico, di distruzione di milioni di posti di lavoro, di fine della musica così come la conosciamo.  E quant’altro.

Certo fa una certa impressione, veder chiudere i negozi che per tanti anni sono stati tra i nostri punti di riferimento, affascinanti, allegri, colorati. Dentro, però, neri. Perchè i primi problemi hanno cominciato ad arrivare col CD. Anzi, prima, con la musicassetta.

Mi rivolgo a chi vende, o vendeva, musica:

ma voi, credete veramente che una persona normale di mente possa mai ritenere congrua una spesa di 50 mila lire per un pezzo di plastica contenente brani ascoltati mille volte?

Certo, voi direte: ah, beh, ma prima dell’avvento dei supporti di registrazione casalinghi o, dio non voglia, della musica liquida, con tanto di correlato di pirateria informatica, chi comprava non aveva scelta, e quindi o prendeva, o lasciava.

Grazie tante.

E’ la sensazione che abbiamo avuto pure noi, e quindi, scusateci signori venditori di musica se vi abbiamo fatti fallire, ma non ci sembrava normale arricchire voi impoverendo noi stessi potendone fare a meno. Cioè, quando la scelta si è resa disponibile, non ci siamo nemmeno posti il problema.

Tanto più che avrei proprio voluto vedere quanti dischi avreste venduto con questo sistema, anche in assenza di un mercato di pirateria. 26 Euro per un CD? Certo. Io credo di aver fatto un simile acquisto al massimo 3 volte, nella vita, e sempre pentendomene.

Viceversa, ho in casa almeno una cinquantina di CD e di LP acquistati a prezzi ben più ribassati, che non mi sono proprio sognato di piratare.

Anzi; se volete saperla tutta, prima ho scaricato gratuitamente il brano dal solito e-Mule, o l’intero disco. Poi, piacendomi, mi sono messo in cerca del disco, che ho comprato a basso prezzo (oggi i sistemi ci sono) perchè trovo più facile e più comodo comprare un qualcosa originale a 5 o 6 Euro piuttosto che rincretinirmi a scaricare, stampare la copertina, masterizzare, eccetera.

D’altronde, così compro solo le cose che mi interessano veramente. Ma le altre, non preoccupatevi; non le avrei comunque acquistate.

E come me penso esistano tanti altri. Oggi chi può permettersi di acquistare tutto deve avere i soldi che letteralmente gli escono dal culo.

Ma anche prima, vorrei che ve ne rendeste conto.

E lo stesso dicasi per i videogiochi.

Senza considerare che tra protezioni e divieti di accesso capita non di rado che si acquisti, a caro prezzo, un supporto originale per poi dover scaricare la versione crackata, senza la quale non si riuscirebbe a godere legittimamente del proprio acquisto; a me è successo per due dischi, di recente, per non parlare dei giochi Bethesda, o Ubisoft. E’ una cosa corretta? Io potrei anche arrivare a capire chi, non sapendo se un acquisto potrebbe mai funzionare o se il gioco potesse o meno piacergli, volesse semmai provare prima di lasciar lì lo stipendio di una giornata.

Poi, qualche altra considerazione.

Non si è mai, mai ascoltata così tanta musica come ora. La rete digitale così spesso accusata di aver distrutto la musica dà la possibilità a chiunque di accedere a possibilità che prima ci si poteva solo sognare. Mai nella storia del mondo un gruppo emergente ha avuto così tanta possibilità di far conoscere il proprio lavoro, a prescindere dalle possibilità economiche.

Voi mi insegnate che la pubblicità è l’anima del commercio. Bene; avete la più grande pubblicità di tutti i tempi a costo zero, e non riuscite a vendere?

Forse allora avete sbagliato qualcosina nelle altre leve del marketing.

Prezzo, prodotto, distribuzione, ad esempio?

L’affermazione che i tempi moderni stanno uccidendo la musica è una delle più colossali cazzate mai pronunciate nella storia dell’uomo. Del resto, i discografici non hanno mai in vita loro basato i guadagni sulla vendita della musica, ma del supporto sul quale essa era registrata. E mettersi a piangere sul latte versato perchè le tecnologie vanno avanti è da matti.

Qualche ultima osservazione.

Con ogni probabilità, il mercato della musica non è mai stato così grande come oggi, momento in cui chiunque può avere accesso all’acquisto anche di un solo brano a prezzi irrisori, o di dischi a prezzo conveniente, o di strumenti musicali, supporti per la registrazione, l’acquisto, la produzione di musica. E’ assolutamente impossibile che la musica oggi non generi più ricchezza che in passato.

E allora, non è la musica ad essere in crisi. Sono produttori, distributori, venditori, artisti o sedicenti tali che non hanno saputo, o voluto, per convenienza o scarso interesse o capacità interessarsi a un fenomeno che ci ha messo, badate bene, ben venti anni ad arrivare alla dimensione attuale; e a tutt’oggi, nonostante moltissimi dati parlino diversamente

http://www.noisesto.it/?p=9932

continuano a piangere miseria anzichè guardarsi veramente attorno e inventarsi soluzioni differenti (e quanto ai dati, studi indipendenti dalle etichette discografiche non esistono, o non sono diffusi).

Come diceva sempre quel tale irritante:

meditate, gente, meditate.

 

2 thoughts on “Tutti i successi, Euri ventisei

  1. serre ha detto:

    Sono sostanzialmente d’accordo (altra locuzione irritante…!)
    Ironicamente, i tempi in cui “piratavo” erano quelli in cui non c’erano neanche ancora i CD (“bella questa cassetta, me la copi?”). Adesso il mio metodo assomiglia al tuo, scopro qualcuno/qualcosa su internet (youtube, itunes, quel che capita) e se mi piace compro. Fortunatamente si tratta sempre di album acquistabili a 8/10/12 euro; ancora fortunatamente, nella mia città c’è uno di quei negozi di dischi come si deve, nei quali puoi entrare e fare nomi un po’ meno altisonanti senza ricevere espressioni confuse e richieste di spelling in cambio. Nel caso di introvabilità ci sono sempre i rivenditori online inglesi o americani.
    Un piccolo aneddoto: tempo fa un mio amico (cantante professionista -sicuramente più di altri che vengono considerati tali- in un gruppo) presenta un demo da solista, molto interessante. A parere mio, precisazione obbligatoria. Perchè la risposta di tutti i discografici interpellati è stata: “Ci dispiace, ma non c’è nessuno che fa cose di questo genere adesso.” Della serie, non prendiamoci rischi e riscaldiamo la minestra forever.
    E ci chiediamo cosa c’è di sbagliato nel mercato della musica?

    • carlovanni ha detto:

      E non solo: a leggere qui e là ci sono fior di autori che si lamentano del fatto che la musica muore perchè siccome i discografici non investono più nella produzione, gli artisti non hanno modo di creare altra musica. Allora c’è qualcosa che non capisco. Io pensavo che prendessero i soldi per la musica venduta. Ma qui si prospetta un altro scenario: gente che viene pagata per stare lì a pensare, E poi prende i soldi sul venduto. Cioè, un po’ come gli scrittori: si lavora su commissione, e ti danno l’anticipo che diventa il tuo stipendio. Ma allora, con tutto il rispetto, perchè parliamo di arte? E di “mercato”? Non so, mi riservo di approfondire… Grazie del commento!

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