Amici miei, amici amici un cazzo
Lascia un commentomarzo 11, 2011 di carlovanni
Il libro, originale, dell’epoca, non sa di niente. L’ho avuto tra le mani per un po’, l’ho letto speranzoso, schizzinoso, devo averlo incantonato in soffitta da qualche parte, nella libreria Grande Caos 1 o 2, non so.
La pretesa di De Laurentis di poter dare vita ad un qualcosa che abbia un sia pur tenue legame con l’intera operazione dell’epoca, al di là dell’arruffianata del titolo (e nemmeno tutto), mi sembra a dir poco coraggiosa. Per non dire di peggio.
Sarebbe come dire che Monicelli, Nanni Loy, Tognazzi, Blier, Montagnani, Celi, Del Prete, Noiret, in fondo, non facevano la differenza.
Invece secondo me sì; ed è proprio per quello che di rado mi metto a guardare film italiani che siano stati girati dopo un certo anno.
Leggo su QI:
“La domanda che il gruppo si pone è: riusciranno i nuovi attori a creare quelle situazioni e quelle gag che hanno reso celebre il film di Monicelli?”?
L’autore dell’articolo deve avere equivocato. In effetti, non ci poniamo proprio nessuna domanda. In generale, siamo certi del contrario.
Personalmente, non credo che la grande forza di questi tre film stesse nella capacità di far ridere; al contrario, come in quasi tutta la commedia italiana d’antan, si trattava di storie dai numerosi risvolti drammatici. E se si rideva, era per esorcizzare le paure, per ridere di se stessi, con cattiveria, attraverso gli altri.
Ma questo, vallo a far capire ai Vanzina & Co., e al loro affezionatissimo pubblico.