Il problema dei 9 punti
Lascia un commentosettembre 19, 2016 di carlovanni
Il problema dei 9 punti: un classico dei test sulla creatività, utilizzato anche nella valutazione del Quoziente di Intelligenza.
Il problema dei 9 punti è un grande classico dei test che mirano a valutare il Quoziente Intellettivo delle persone cui viene sottoposto ed è oggi un cavallo di battaglia dei tanti che intendono spiegare cosa sia la creatività, e come funzioni. E’ un test estremamente semplice, nelle sue linee essenziali, quasi banale: ci sono 9 punti disposti in modo da delineare un quadrato…
… e il valutatore ti chiede di unire tutti i puntini con un tratto di linea retta. Ma con le seguenti limitazioni. 1) puoi usare al massimo 4 tratti; 2) non devi mai sollevare la matita dal foglio.
Io sinceramente credo che riesca a risolverlo una percentuale estremamente bassa di soggetti, al primo colpo. Perché non solo la soluzione istintiva richiede un modo di pensare veramente fuori dagli schemi, ma quella che avviene durante la somministrazione è una vera e propria truffa. Vediamo perché, e quale è la soluzione.
Il trucco – perché di trucco si tratta – consiste nell’uscire dallo schema percettivo che praticamente vi costringe a cercare di risolvere il problema nell’ambito dello schema del quadrato. Non c’è un quadrato, ve lo siete solo immaginato. Ci sono solo 9 punti da unire:
Ormai avrete capito che il giochino ha una altissima – se non assoluta – possibilità di riuscire solo nel momento in cui chi ve lo somministra sorvola sui termini della scommessa, ovvero: tace completamente sulle regole che sono ammissibili nella soluzione del problema.
Se infatti vi dicesse qualcosa come: “Guarda, i punti devi solo toccarli, non per forza passare dal loro centro“, potrebbero bastarvi anche solo tre linee, anziché quattro.
“Non ti devi necessariamente concentrare sul quadrato e puoi tranquillamente uscire dalla figura” sarebbe più onesto. Basterebbe anche un “Sentiti libero di fare quello che vuoi col pezzo di carta“, ad esempio.
Insomma, credo che il concetto sia chiaro. E’ un test che in ultima analisi non dice assolutamente niente sul possibile solutore, tranne al limite che è una persona ragionevolmente normale e sana di mente. Per pensare di primo acchitto alle soluzioni alternative bisogna avere una testa non tanto gigantesca, quanto del tutto particolare e non necessariamente desiderabile.
Al limite dice qualcosa circa il somministratore, se lo utilizza per scoprire se il candidato è un genio: ovvero, potete fargli un caldo sorriso e fargli notare come ci siano teorie molto contrastanti riguardo ai rapporti tra QI e creatività, e in ogni caso nessuna delle due caratteristiche è particolarmente richiesta nei posti di lavoro. Questo, come è successo a me a suo tempo, non vi farà superare il colloquio, ma pazienza.
In effetti, lo psicologo Norman R.F.Maier propose questo problema (da allora noto appunto col nome di Quadrato di Maier) per chiarire il problema della fissità funzionale: si tende a considerare un problema restando per così dire ancorati alla forma, alla funzione nota e standardizzata di quello che vediamo, e uscirne è molto difficile. Tant’è vero che lo stesso Maier scriveva, a proposito di questo rompicapo:
La difficoltà del problema consiste nel fatto che, generalmente, tutti i tentativi vengono effettuati mantenendosi nell’area a forma di quadrato in cui sono contenuti i nove punti, e raramente viene in mente la possibilità di abbandonare tale area. Se si suggerisce che non c’è bisogno di tenersi entro questo spazio quadrato, si presenta allora tutta una nuova gamma di possibilità e può mutare così la maniera di considerare il problema, rendendo in tal modo possibile la soluzione.
A questo punto, allora, può verificarsi quella cosa che Maier definì Aha Erlebnis – oggi nota come momento A-ha, Aha experience, quel lampo di genio che all’istante ti mostra una nuova possibilità. Senza una adeguata preparazione, peraltro, il test é destinato praticamente sempre a fallire: le tempistiche e il setting impediscono al valutato di sviluppare un momento di creatività adeguato, e come Watzlawick avvertiva che l’imposizione di essere spontanei è paradossale e insensata, figuriamoci quella di essere creativi. No; solo pochissimi riescono a risolvere questo test al primo colpo, e si tratta di persone che non utilizzano i normali schemi di pensiero. Il che può anche non di rado essere indice di situazioni patologiche. In pratica: non abbattetevi.
Il problema dei 9 punti rimane sempre un grandissimo e divertente classico, molto istruttivo nel dimostrare l’unica cosa che può ragionevolmente dimostrare (in effetti è il suo scopo): che la nostra capacità di risolvere i problemi è spesso molto limitata dall’agire in un contesto percettivo al quale siamo abituati, e che spesso la fase di soluzioni parte appunto dalla considerazione di schemi del tutto diversi, o della possibile assenza degli stessi.
Abbastanzamente diCarlo Vanni è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.