Messaggio di Carlo Vanni alla Nazione
Lascia un commentogennaio 1, 2016 di carlovanni
Care italiane, cari italiani.
E’ col consueto entusiasmo pseudo domenicale che mi accingo a farvi i miei migliori auguri per questo 2016 che ci entra sulle caviglie come un terzino del Bologna degli anni ’30. Ne avrete un gran bisogno.
L’ottimismo che mi è proprio riguardo alle meravigliose qualità della razza umana non mi impedisce di pensare che abbiate passato tutto lo scorso anno ad arrovellarvi su cose che non potevate più avere, cose che desideravate ma non meritavate, cose che avevate trascurato fino a perderle, problemi insormontabili di geopolitica, amori presunti tali che ritenevate fossero dietro l’angolo, storiacce di scandali sportivi, di drammi di scafisti incompresi, di distruzioni dell’economia e di quel senso sottile di non avere un futuro oltre quello indicato dall’orologio, per poi buttarvi in piazza a fare trenini meu amigo ciarlibraun, mangiare polenta, scoppiare mortaretti, bere roba di merda per 80 Euro, fare tardi prima di andare a letto e limonare con su le mutande rosse pronunciando le parolde del Destino, “chi fa (inserire qui la stronzata) a Capodanno, fa (inserire qui la stronzata) tutto l’anno!”.
Poi, fra due giorni, visto che non é cambiato niente (se siete particolarmente fortunati e non avete deciso cose tipo cambiare lavoro, mettere su morosi, bruciare la casa vecchia in questa notte di tregenda) tutto tornerà come prima; ma non preoccupatevi, fra un anno potrete ricominciare da capo a sperare in una limonata.
Sono sempre stato un po’ sospettoso verso gli auguri, perché quando uno ti dice “auguri!” nessuno ti garantisce che a mezza bocca non stia anche dicendo “c’a’t végna un canchér!”, nel qual caso sarebbe meglio fare senza.
Comunque.
I miei sono molto sinceri, non voglio per tutti voi che il meglio. Anche perché un mondo al quale va tutto bene a tutti potrebbe essere gradevole anche per me. Sia come sia, abbiatevi quindi se non altro l’impressione di poter cominciare un nuovo ciclo e la forza di tenere duro almeno fino a metà febbraio nei vostri buoni propositi, roba che di solito al massimo dopo due settimane giù tutti come sacchi sgonfi, e invece, forza e coraggio, un calcetto al culo all’entropia.
Vi auguro di avere la sensazione di avere avuto quello che vi meritate, nel bene e nel male; e nel secondo caso, anche l’onestà e la forza per imparare dalle molte lezioni apprese, e un po’ di clemenza nel giudicarvi, che come al solito quando si tratta di darvi le colpe tendete ad essere o troppo miti, o esageratamente feroci.
Vi auguro di rendervi conto almeno una volta al mese di quanto vi state perdendo in inutili cazzate, mentre il vostro mondo importante, quello costituito dalle persone che vi vogliono bene, dai vostri interessi, dal lavoro che sapete fare, dai libri e film che amate, scivoli in un quieto disinteresse prossimo all’annullamento.
Vi auguro che per quest’anno la smettiate di dare alla vostra solitudine un altro nome ed un altro volto oltre a quelli che ha già di diritto: i vostri.
Vi auguro di trovarvi almeno una volta durante l’anno che arriva sbalorditi di fronte ad un pensiero, una immagine, un suono, a riflettere pienamente su quanto é intensa la realtà che vivete quando la vivete, una di quelle epifanie che vi lasciano le mani tremanti per due giorni, e che stavolta vi duri a lungo. Attimi così rendono conto di una esistenza non sprecata.
E, oh, naturalmente, vi auguro di soddisfare il desiderio del vostro cuore. Ma ricordatevi che probabilmente esso risiede in tutt’altro organo. E che realizzarlo non dovete guardare al cielo, ma mettere in moto le mani e l’immaginazione.
Tanti auguri.
P.S. – Se volete qualcosa di più tradizionale, potete sempre riascoltarvi quelli dei vostri Premier. Magari vi fortificano.