Mazinga è meglio del Prozac. Ventitreesima puntata.

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luglio 1, 2014 di carlovanni

A proposito  dell’ultima, straordinaria serie di fantascienza televisiva che voglio ricordare qui, quella che ha REALMENTE cambiato la vita a noi tutti Nerds del piccolo schermo, sono un po’ riluttante ad esprimermi liberamente. Le altre serie, beh, si può prenderle amabilmente per il culo, sceneggiatura, scenari e cast, senza alcun problema; voglio dire, che “Spazio 1999” non avesse alcuna pretesa di scientificità, doveva essere ben chiaro fin dall’inizio. Eppure, scrittoroni come Harlan Ellison e Isaac Asimov si sono preoccupati di denigrare le basi; tipo, se esplodesse qualcosa sulla faccia nascosta della Luna, questa sarebbe proiettata verso la Terra, e non chissà dove (corretto), oppure, una esplosione capace di trasformare l’astro dei poeti in un razzo, verosimilmente l’avrebbe spaccato in due come una mela marcia (corretto).

Eppure, in fondo, chissenefrega? Il bello stava nelle storie, e la possibilità di farsi quattro risate con le cazzate appena viste, semmai, era un surplus di divertimento, un pregio accessorio.

Provate a fare la stessa cosa davanti a un fan di “Star Trek”.

Intanto, correte il serio rischio di finire alle mani: ce ne sono alcuni abbastanza pericolosi. Inquadrati in ranghi paramilitari, modello Scientology (ma qui non c’è un alieno solo col quale fare i conti, ce n’è un cosmo intero) avevano cominciato col Cosplay, poi la cosa ha un po’ preso loro la mano, ed ora so per certo che hanno loro proprie Corti Marziali nelle quali degradano o giustiziano direttamente chi sbaglia, per dire, la genealogia vulcaniana della quale si dovrebbe fregiare (118 generazioni, a memoria), raduni oceanici, gagliardetti, inni e via dicendo. Non sarei stupito nell’apprendere di loro uomini in tutte le posizioni chiave, come per la P2.

Poi: è impossibile convincere un Trekker (questo il nome in codice della genìa di cui sopra) che la perfetta coerenza non è di questo mondo, e tanto meno della televisione, e tanto meno di una serie di fantascienza.

Loro, ci credono.

Io, invece, vecchio cinico e dissacratore, non posso fare a meno di cogliere il lato perlomeno buffo, per non dire grottesco, in gran parte della serie “Classica” di “Star Trek”; sulle altre, non mi pronuncio, ma la prima è stata veramente stellare.

No, sul serio: ma come si può pensare ad una astronave più malmessa dell’ USS ENTERPRISE sotto il comando di James Tiberius Kirk?

Consideriamo la struttura della nave, innanzitutto. Se ogni scoreggia di allodola si ripercuote sullo scafo squassando l’interno come il Tagadà dei baracconi (gli scudi reggono più o meno come un reggiseno di carta bagnata sotto il peso di una settima), per quale cazzo di motivo non hanno fatto gli spigoli imbottiti, all’interno? O perlomeno, stondati, perdio; anche se mi rendo conto che col cartongesso si fa fatica. Ecco, se per “Spazio 1999” l’arredamento era IKEA in promozione, qui siamo a quei magazzini del mobile in cui finiscono, triste Mar dei Sargassi, tutte le serie economiche, da case popolari prearredate. L’unica nota di colore è negli alloggi dell’equipaggio, che da fuori sembrano 2 metri per 2, e dentro si accede alla settima dimensione: vasca idromassaggio, atelier di pittura, collezione di armi e strumenti musicali alle pareti, un boudoir attrezzato di tutto punto, letto a forma di cuore con specchio sul soffitto, e così via.

Il design degli interni fa il paio con quello delle divise, ovviamente. Carina, l’idea di differenziare i colori delle magliette per distinguere gli ufficiali superiori dagli ufficiali, e questi dal volgo, fa molto partita scapoli – ammogliati; meno carina l’idea di fare le divise attillate, costringendo i tre quarti dell’equipaggio, una banda di crapuloni dispersi per la galassia, a tenere perennemente lo stomaco in dentro durante i contatti video con le specie aliene, per non farsi ridere in faccia.

D’altronde, non è che Kirk sia il primo a dare il buon esempio, insaccato com’è nella sua improbabile maglietta color cagarella di cane, stravaccato sulla poltrona di comando come un carrettiere; la sua gestione della nave è, a dir poco, informale.

E comunque sia, ha l’equipaggio che si merita.

L’ingegnere capo, Scott, tronco come una cucuzza fin dalle prime luci dell’alba, che in cinque anni di missione avrà messo su senza meno quaranta chili: poi, ci si chiede come mai a bordo dell’Enterprise non funzioni mai un cazzo…ma ci torneremo sopra.

Chekov e Sulu, coppia inseparabile agli armamenti e alla navigazione; il primo, un genio, la cui presenza a bordo è stata voluta nientemeno che da Breznev (non sto scherzando!!!), che lo trovi a fissare il quadrante in stato allucinatorio, a bocca aperta, come se lo vedesse fatto di formaggio; il secondo, dopo tanti anni, ho capito perché si atteggiava sempre con curiose vezzosità gay. E’ gay.

Il tenente Uhura, gnocca iperspaziale, ufficiale addetto alle comunicazioni dietro l’insistenza di Malcolm X (e non sto scherzando nemmeno stavolta), che se si togliesse il cazzo di gigantesco I-Pod dall’orecchio a volte capirebbe le trasmissioni in chiaro, senza menarla poi tanto; ma a una gnocca così, si perdona di tutto.

Poi, c’è la coppia comica di bordo, l’improbabile connubio tra il cinico, amareggiato, sarcastico e incazzoso medico di bordo Bones McCoy e il logico, freddo, imperturbabile vulcaniano Spock, che in effetti si trova assiemato a questa combriccola di mezze calzette solo perché è un bastardo mezzosangue, non molto valutato a casa sua (benché sia un superuomo in ogni senso del termine. E allora, siccome non tutti i Vulcaniani hanno i suoi numeri, o hanno standard molto alti, o sono, semplicemente, molto stronzi.).

E che dire, del capitano Kirk?

Ne sa una più del diavolo, è forte, coraggioso, leale, tatticamente e strategicamente geniale, intelligente come tre, piacione, tirabaci, briccone, bello e pure simpatico.

Modesto, invece, no.

Ed ecco il motivo per il quale la missione dell’USS ENTERPRISE è: viaggiate per almeno 5 anni, visitate nuovi mondi, contattate specie aliene e sconosciute, andate là dove nessun uomo è mai giunto prima ma, per carità, basta che vi leviate dai coglioni!!!

La missione tipo dell’ENTERPRISE segue sempre un canovaccio ben definito.

Si giunge in vista di un pianeta sconosciuto, dal quale, per un qualche motivo, arriva un segnale che non è facilmente decifrabile (in effetti, non è decifrabile per Uhura. E ripeto quanto ho detto in precedenza: togliersi la chincaglieria dall’orecchio, e magari due acidi in meno, e tutto filerebbe liscio).

A questo punto, la squadra di ingaggio si fa teletrasportare sul pianeta – il quale, ovviamente, è provvisto di un’atmosfera respirabilissima; e meno male, perché tanto a bordo tute spaziali non se ne sono mai viste. Chissà dove pensavano di andare a esplorare.

La suddetta squadra è composta, invariabilmente, da alcuni tra i beniamini di cui sopra (Spock, McCoy, Sulu, Chekov, lo stesso Kirk, in alternanza variabile ma non troppo), e due o tre poveri sprovveduti il cui unico scopo è farsi macellare dalla minaccia occulta che sempre li attende. Li chiameremo, per semplicità, A, B e C, e daremo per scontato che siano arrivati sin lì tirando pagliuzze cortissime.

Allora; dicevamo, la squadra si teletrasporta sul pianeta.

Fin qui, tutto bene.

Esegue rilievi di ogni genere col TrayCorder, una specie di Manuale delle Giovani Marmotte futuribile che contiene in sé ogni scienza, ed ogni possibilità – salvo dover ogni tanto ricaricare le pile, cosa che gli infingardi spesso non fanno.

E fin qui, tutto ancora bene.

Stabilito che ci si è fatti una bella scampagnata, ma niente di che, Kirk prende in mano il comunicatore (che Motorola copierà per fare il suo cellulare STAR-TAC; ma voi credete che io scherzi…), e ordina: “Scott, ci faccia risalire!”.

E qui, INVARIABILMENTE, c’è un qualche problema col teletrasporto.

Allora: nella serie “Star Trek: Enterprise”, che pure è ambientata un bel pezzo prima dell’era di Kirk, funziona tutto alla perfezione, tutto è pulito, è organizzato, non si inceppa e non fa fare figure di merda a chi ne deve trarre una qualche utilità.

E allora, è chiaro che l’ENTERPRISE è un gran bidone spaziale, vetusto, costruito in subappalto e da destinarsi alla rottamazione, oppure, giustappunto, a una missione suicida come quella quinquennale testè definita.

Devo comunque dire che Kirk, gli va riconosciuto, è un gran signore; mai, mai una volta che abbia detto, “Scott, ubriacone di merda, appena salgo a bordo ti infilo i cristalli di dilitio su per il culo!!!”, come sarebbe anche nel suo pieno diritto, dopotutto, all’ennesima brutta esperienza; no, questi gentiluomini si limitano a farsi cadere le braccia (“ancora! E che cazzo!!!”), e si incamminano, fiduciosi, in esplorazione, certi di trovare una soluzione prima della fine della puntata.

Dopo un po’, arriva un qualche attacco micidiale: il primo ad essere colpito è, di solito Spock, che comunque se ne fa un baffo. Perché il suo sangue elabora le tossine e ne fa crema chantilly, la sua mente è impenetrabile a qualsiasi shock, e perché ha due cuori decentrati, il fegato al posto del rene, i reni al posto dei polmoni, i polmoni al posto delle palle e le palle al posto delle orecchie (infatti, il gesto vulcaniano per dire “me ne frego” consiste nel percuotersi leggermente le orecchie).

Non altrettanto invulnerabili sono invece A, B e C: voi vedete Kirk, Spock e McCoy che vanno, e, dov’è A? Era qui un attimo fa!!! Ma dal cielo è piombato un mostruoso pterodattilo, e se lo sta inculando al volo, a trecento chilometri da lì. Dov’è B? Una pianta rampicante se l’è appena ciucciato. Dov’è C? E’ qui dietro, ma se continua a grattarsi le palle morirà presto dissanguato.

Segue l’inevitabile confronto con specie aliena di norma antropomorfa (più per ragioni di budget che per impostazione filosofica della serie, penso), uno scontro di volontà tra Kirk e creature altamente evolute, che lui vincerà senza sforzo, anche se per il rotto della cuffia come al solito (leggi: gabolando. Kirk è un gran fregone!), il ritorno su di un’ENTERPRISE nella quale ORA il teletrasporto funziona, e le battute finali.

E, io credo, fuori scena, discretamente, cinquanta nervate sul culo dell’inetto Scotty.

Voi credete che io sia eccessivamente critico, nei confronti della fantascienza televisiva? Che tanto sarcasmo mascheri in realtà un barile e mezzo di livore e disaffezione nei confronti del genere?

Assolutamente no.

Io, in effetti, adoro la fantascienza, in tutte le sue forme; se poi sono ben realizzate, vado in brodo di giuggiole. E l’idea che una buona fetta della scienza e della tecnologia che oggi diamo per scontate, o sulle quali si può comodamente speculare, sia derivata dalle invenzioni, dai voli pindarici degli autori del fantastico, mi fa dire;

primo, questo è un mondo pazzesco, nel quale la fantasia viene prima dell’osservazione scientifica;

e, secondo: che gran figata!!!

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