Il Complesso di Gondrano

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aprile 8, 2014 di carlovanni

“Gondrano destava l’ammirazione generale. Era stato un forte lavoratore anche ai tempi di Jones, ma ora sembrava che in lui vi fossero non uno ma tre cavalli: vi erano giorni in cui tutto il lavoro della fattoria sembrava pesare sulle sue possenti spalle. Da mattina a sera spingeva e tirava, sempre presente ove la fatica era maggiore. Aveva convenuto con un galletto di farsi svegliare ogni mattina mezz’ora prima di tutti gli altri per prestarsi volontariamente al lavoro dove più era necessario, prima che cominciasse la quotidiana fatica. La sua risposta a ogni problema, a ogni difficoltà era: «Lavorerò di più!» frase che aveva adottato quale suo motto personale.”

Per chi se lo fosse perso, è un passaggio dal bellissimo “La fattoria degli animali” di George Orwell, del quale potete trovare il testo qui , ad esempio, ma che vi consiglio di comprare su carta e leggerlo e rileggerlo una volta l’anno, anche come viatico per consentirvi di interpretare, ed evitare, i tempi che viviamo. E considerate che era una critica parodistica del 1947 alla rivoluzione leninista.

Voi, qualunque cosa accada, ricordatevi sempre di Gondrano.

Gondrano è il lavoratore perfetto; non si lamenta mai, obbedisce sempre, è fiducioso non soltanto nel sistema di cui fa parte, ma anche e soprattutto dei propri mezzi; ne è orgoglioso, e si sa che l’orgoglio precede la caduta, se questa proviene da sinistra.

E’ bravo, onesto, serio, si alza presto e va a letto tardi cercando di rimediare, con le sue proprie forze, che sono enormi, a tutti i problemi nei quali si imbatte nel corso della giornata.

Continuando con lo stralcio di passi da questo libro, vi propongo ora questo:

“In una tarda serata d’estate improvvisa voce corse per la fattoria che qualcosa era accaduto a Gondrano. Era andato solo a trascinare un carico di pietre al mulino. E purtroppo la voce era vera. Pochi istanti dopo due piccioni vennero in rapido volo con la notizia: “Gondrano è caduto! È sdraiato su un fianco e non riesce ad rialzarsi!”.
Mezza fattoria corse all’altura ove sorgeva il mulino. Là giaceva Gondrano tra le stanghe del carro, il collo allungato, incapace persino di sollevare la testa. L’occhio era vitreo e i fianchi coperti di sudore. Un sottile filo di sangue gli colava dalla bocca. Berta gli si inginocchio accanto.
“Gondrano” gridò “come stai?”
“Sono i polmoni” disse Gondrano con voce flebile.
“Non importa. Credo che potrete finire il mulino senza di me. Vi è una buona scorta di pietre di riserva. In ogni caso, avevo solo un mese davanti a me. A dire il vero, aspettavo con grande desiderio il momento del mio ritiro. E forse, poiché anche Benjamin sta diventando vecchio, gli permetteranno di ritirarsi con me e tenermi compagnia”.
“Bisogna cercar subito aiuto” disse Berta. “Che qualcuno corra ad avvertire Clarinetto di quanto è successo.”
Tutti gli animali corsero immediatamente alla casa colonica per dare a Clarinetto la notizia. Solo Berta rimase, e Benjamin, che si coricò a fianco di Godrano e, senza parlare, gli allontanava le mosche con la lunga coda. Dopo circa un quarto d’ora Clarinetto apparve, pieno di simpatia e sollecitudine. Egli disse che il compagno Napoleon aveva appreso col più profondo dolore la disgrazia toccata ad uno dei più leali lavoratori della fattoria e che stava già combinando di mandare Gondrano in cura all’ospedale di Willingdon. A questa notizia un senso d’inquietudine invase gli animali. Salvo Mollie e Palla di Neve, nessun animale aveva mai lasciato la fattoria e il pensiero del loro compagno ammalato nelle mani di esseri umani li turbava. Ma Clarinetto presto li convinse che il chirurgo veterinario di Willingdon avrebbe potuto Gondrano assai meglio di quanto non era possibile fare alla fattoria. E mezz’ora dopo, quando si era un poco ripreso, Gondrano fu fatto alzare in piedi e accompagnato alla stalla ove Berta e Benjamin gli avevano preparato un buon letto di paglia.
Durante i due giorni successivi Gondrano rimase nella stalla. I maiali gli avevano mandato una grande botte di una medicina rosa che avevano trovato nell’armadietto farmaceutico della stanza da bagno

…e Berta gliela somministrava due volte al giorno, dopo i pasti. La sera si stendeva accanto a lui e gli parlava mentre Benjamin teneva lontane le mosche. Gondrano diceva di non essere spiacente di quanto era avvenuto. Se guariva bene poteva sperare di vivere altri tre anni e già pregustava i giorni tranquilli che avrebbe passato nell’angolo del gran pascolo. Sarebbe stata la prima volta che avrebbe avuto tempo per studiare e migliorare la propria mente. Era sua intenzione, diceva, dedicare il resto della vita a imparare le restanti ventidue lettere dell’alfabeto.
Tuttavia Benjamin e Berta potevano rimanere con lui solo dopo l’orario di lavoro, e fu a mezzo del giorno che venne il furgone a portarlo via. Gli animali erano tutti al lavoro, intenti a sarchiare le rape sotto la sorveglianza dei maiali, quando con stupore videro Benjamin venire al galoppo dalla direzione dei fabbricati ragliando con quanta voce aveva. Era la prima volta che vedevano Benjamin così eccitato, la prima volta che lo vedevano galoppare. “Presto, presto!” gridava “Venite subito! Stanno portando via Gondrano!”. Senza aspettare gli ordini del porco, gli animali interruppero il lavoro e si precipitarono verso i fabbricati. Nel cortile sostava un gran furgone chiuso …tirato da due cavalli, un furgone con iscrizioni sui fianchi e un uomo dall’aria astuta, con in testa un berretto a visiera, seduto a cassetta. E il posto di Gondrano in stalla era vuoto.
Gli animali si affollarono attorno al furgone. “Addio, Gondrano!” gridarono in coro. “Addio!”
“Pazzi, pazzi!” urlò Benjamin saltando attorno a loro e battendo la terra con gli zoccoli. “Pazzi! Non vedete cosa c’è scritto sui fianchi del furgone?”
Gli animali sostarono e vi fu un mormorio. Muriel cominciò a compitare le parole, ma Benjamin la spinse da parte e fra un silenzio mortale lesse: “Alfred Simmons, Macelleria equina e fabbrica di colla, Willingdon. Negoziante di cuoio e d’ossa. Forniture per canili”. “Capite ciò che significa questo? Portano Gondrano al macello!”
Un grido d’orrore uscì dal petto di tutti gli animali. In quel momento l’uomo a cassetta frustò i cavalli e il furgone uscì dal cortile a buon trotto. Tutti gli animali lo seguirono gridando a gran voce. Berta forzò l’andatura per porsi innanzi. Il furgone acquistava velocità. Berta tentò di muovere al galoppo le sue pesanti membra. “Gondrano! ” gridò. “Gondrano! Gondrano! Gondrano! ” e proprio in quel momento, come se sentisse il frastuono esterno, il muso di Gondrano.”

Non penso ci sia bisogno di ulteriori commenti, direi che il punto lo chiarisce benissimo per me Orwell. Il suo punto di vista, da scettico, è espresso da un altro personaggio:

“Il vecchio Benjamin, l’asino, non sembrava mutato dalla Rivoluzione. Faceva il suo lavoro nello stesso modo lento e ostinato con cui lo aveva compiuto ai tempi di Jones, mai ritraendosi, né mai offrendosi volontariamente per un lavoro straordinario. Sulla Rivoluzione e i suoi risultati mai aveva voluto esprimere la propria opinione. Quando gli chiedevano se non fosse più felice ora che Jones se n’era andato, si limitava a rispondere: «Gli asini hanno vita lunga. Nessuno di voi ha visto mai un asino morto». E gli altri dovevano accontentarsi di questa risposta sibillina.”

Umile, serio, mai alla ribalta e mai imboscato, l’asino Benjamin sarà l’unico, di tutta questa vicenda, a rendersi conto con lucidità di quello che avviene. Certo; la sua non è una vita allegra. Privo di illusioni, di entusiasmi, di orgoglio, egli vive un’esistenza dettata dal filo di gas. Eppure, nulla lascia pensare che, nel momento in cui ci fosse da combattere per qualcosa di sano, si tirerebbe indietro.

Bene; Gondrano muore male, e scusate lo spoiler; Benjamin non se la spassa per una vita, e invecchia con estrema amarezza; non è che si potrebbe evitare tutto questo, direte? Magari?

Allora, per trovare la quadra, in perfetto stile Pensiero Negativo, secondo me bisogna fare un passaggio in più e coltivare, oltre ad un sano scetticismo asinino, un sano, reale, concreto senso della pigrizia. Ma non l’accidia della quale Dante, così simpaticamente, pone all’Inferno i praticanti alti e bassi; no, proprio quella vera pigrizia di chi non ha nessuna intenzione di fare più del necessario, o dell’utile, ben sapendo che tutto quello che non ti godi oggi, domani sarà oggetto di molte maledizioni.

Se sei un vero Adepto della Pigrizia, sai che ogni cosa che oggi tralasci, domani te la ritroverai in mezzo ai coglioni.

E allora, fai bene il tuo lavoro. Ma il tuo lavoro. Non quello altrui.

Allora, semplifichi. Tagli. Elimini. Le cose inutili e dannose, le persone inutili e dannose.

Basta, con questa menata che tutti sono preziosi. Non è vero. Ci sono alcuni che hanno come unica caratteristica umana la capacità di frantumare i maroni al loro prossimo. Costoro devono essere arginati, che può essere un dolce eufemismo per tradurre “cacciare fuori a scarpate nel culo” o “messi ai ceppi e giù frustate se non remano”.

I rompicoglioni, i fannulloni, i cialtroni, in sostanza, tutti quelli che non sono capaci di rendersi conto che vivono in un mondo in cui ci sono anche gli altri e che ci sono regole condivise da rispettarsi, devono essere messi in riga.

L’alternativa, molto rischiosa, è cadere preda del Complesso di Gondrano, pensando che sopportando e dandosi un po’ più da fare si risolveranno i problemi. Ma non è così. Non si fa altro che confortarli nelle loro scelte ipocrite e parassitarie.

Ergo:

ascoltate la vostra pigrizia e il vostro senso del vomito, date loro voce. Se vi segnalano che una situazione è schifosa, cambiatela, non importa quanto vi possa costare fare ciò. Sarà sempre meno che andare a rifornire la fabbrica della colla.

4 thoughts on “Il Complesso di Gondrano

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