The Dome, di Stephen King – recensione
Lascia un commentomarzo 24, 2014 di carlovanni
Che volete farci; io arrivo in ritardo e l’ho letto adesso.
A volte mi lascio prendere dalla disperazione e mi rimetto a leggere King, e a volte, non spesso, mi va persino grassa. Questo è uno di quei casi.
Ci sono tre cose fondamentali, da sapere circa Stephen King.
La prima: copia. Copia, scopiazza, plagia, prende l’ispirazione, tutta la gamma. E di solito non ringrazia né cita le proprie fonti. Ad esempio, per “The Dome” avrebbe potuto parlare del fatto che è figlio diretto de “Ai Confini della Realtà” e di “Il villaggio dei dannati” e “Il Signore delle Mosche” di Golding, così come avrebbe potuto dire “Ok, avevo appena letto un paio di romanzi di Lee Child e ci volevo mettere un supersoldato, solo che non sapevo poi cosa fargli fare perchè non ho idea di cosa cazzo possano fare”. E il bello è che cita pure un paio di volte Jack Reacher. Ma se lo conoscete bene, sapete di cosa è capace.
La seconda: non riesce a resistere alla tentazione di infilarci il mostrone, in piena vista, rovinando l’effetto creato sin lì, e tutto per fare contento quello zoccolo duro di rincoglioniti che lo legge perchè si aspetta che scriva di soprannaturale e orrendo. Naturalmente, il pezzo forte di King è, al contrario, la sua capacità di vivisezionare le esistenze quotidiane dei suoi protagonisti – prova ne siano le migliaia di pagine bellissime che scrive e che con l’azione non hanno assolutamente niente a che fare, ma che creano un clima impagabile. Non siamo in pochi a pensare che, tra tanti bellissimi, forse il racconto più bello di “A volte ritornano” fosse “Primavera di fragole”. “The Dome” non fa eccezione, ovviamente; e altrettanto ovviamente, le righe e pagine con spiegazioni e attori non terreni sono le più deboli in assoluto, tirate via e del tutto prive di credibilità.
La terza: non sa scrivere i finali. E anche qui non fa eccezione; dopo un climax durato una marea di caratteri, finisce con una spruzzatina di una pagina striminzita.
Il libro, di per sé, è buono e accattivante, a parte la creazione di un villaggio tipo Hazzard (per me Rennie è Boss Hogg, senza dubbio) passato al Lato Oscuro che va un po’ troppo velocemente in vacca MA, insomma, visti altri obbrobri recenti baciamoci le dita.
Naturalmente, si rimedia tutto facendone un bel serial televisivo.
Credo.