Quasi cento anni di Jack Vance
3agosto 21, 2013 di carlovanni
Da qualche giorno, annoiato marcio di quello che offre il mercato librario attuale – che sembra aver preso una piega molto discutibile: o intellettualoide, o cacca, mi sono buttato a ravanare nella mia libreria per qualche libro capace di essere assieme interessante e divertente.
Il vantaggio di cercare lì, è che senza dubbio ne trovo, con quelle coordinate. Lo svantaggio, è che li ho già letti tutti, e più di una volta.
Ma pazienza.
Stuzzicato dalla notizia che Fanucci sta rieditando il ciclo di Jack Vance sulla Terra Morente, ho ripescato la mia vecchia edizione della ormai compianta Editrice Nord, Fantacollana Oro, e mi sono di nuovo buttato a sopportare la prima parte per poi rotolarmi nelle disavventure di Cugel l’Astuto, la personalissima interpretazione di Vance del Trickster archetipico. Divertente? Di più.
Proprio mentre scrivo queste righe mi sovviene un dubbio atroce; vado a vedere, e, come supponevo, Jack è morto, se n’è andato alla bell’età di 97 anni nel maggio scorso; ecco risolto il mistero della nuova edizione di Fanucci, giusto?
Ahimè, povero Jack, io lo conoscevo bene. Ma bene bene.
Devo aver letto ogni sua opera in media 4 volte, contando che alcune le ho lette una volta sola, e altre almeno dieci. Non mi resta che riordinare lo scaffale e riunire tutti i suoi libri, così se qualcosa mi è andato perduto ne approfitto per reintegrarlo, ormai.
Ma parlandone da vivo, anzichè da morto, che è meglio.
Ho ricominciato a leggere il primo libro del ciclo di Cadwal, “Stazione Araminta”, e rilevo come una delle caratteristiche di questo stupefacente scrittore è che invecchiando, anzichè peggiorare e sedersi, è andato sempre migliorando; se alcuni pensano che cose come “L’ultimo castello” o “I Principi Demoni” siano le sue cose migliori, hanno tutto da perdere nel non riconsiderare le proprie posizioni. Vance è andato sempre aggiornandosi, nel linguaggio come nella complessità, lasciandosi alle spalle la vecchia tecnica giovanile degna di “Pulp” e “Argosy” e creando a 70, 80 anni mondi complicati e vivaci come quello di Cadwal e di Lyonesse che pochi altri avrebbero anche solo saputo pensare, figuriamoci dar loro vita. Certo; tutte queste creazioni sono figlie delle precedenti opere, che in esse confluiscono; penso a quanto Lyonesse sia erede della Terra Morente, o Cadwal dell’Ammasso di Alastor, e di come Glawen e Aillas siano discendenti letterari del Gastel Etzwane del ciclo degli Asutra, ma penso anche che la quasi totalità degli altri scrittori, dopo una o due botte di culo si addormentano e muoiono nel loro scriptorium, affidando la propria fantasia al lavoro dei ghost writers, onesti operai pagati per non avere inventiva, e…ecco.
Arrivi a pagina 23 di “Stazione Araminta” e Vance ha già brutalmente tracciato un quadro tecnico del panorama che ti aspetta (come sempre, nelle prime pagine, molto seccamente); poi, è riuscito già a farti prendere a cuore le sorti del protagonista, pur avendolo appena tratteggiato, e già ti trovi ad esultare per una sua vittoria in una disputa che per lui è di grande importanza, ma per te, come fa ad essere così interessante?
E, ancora, nel giro di 30 pagine sarà capace di tratteggiare soffocanti ingiustizie, delineare focosi sviluppi, misteri insondabili, curiose coincidenze, descrivere abominevoli delitti, delicati amori giovanili, scene d’azione impagabili e dialoghi degni di un cabarettista, il tutto con un tratto così lieve che sembra a tratti che non ci sia.
Arrivederci centomila volte, Jack.
Categoria: Fantascienza, fantasy | Tag: Aillas, Alastor, Argosy, Asutra, botte di culo, cabarettista, cacca, Cadwal, Cugel l'Astuto, Editrice Nord, Fantacollana Oro, Fanucci, Gastel Etzwane, ghost writers, Glawen, I Principi Demoni, intellettualoide, Jack Vance, L'ultimo castello, Lyonesse, Pulp, scriptorium, Stazione Araminta, Terra Morente, Trickster
Bellissima recensione, ho amato molto Stazione Araminta e tutto il ciclo, anche se il mio primo libro di Vance fu Il Mondo di Durdane.
Grazie! Adoro Jack Vance. E’ uno di quegli scrittori che avrebbero potuto lavorare per sempre e sempre con cose nuove e splendide.
Hai idea di qualche autore attuale, che possa rievocare qualcosa dello stile di Vance? Ho sentito parlare di un certo Reed..
Peró non basta costruire paesaggi e sociologie.. sarebbe magnifico ritrovare quel tratto leggero, da remota quotidianità, come in Stazione Araminta.
Ho quasi finito tutto di Vance, mi mancano i gialli su pseudonimo e forse qualcosa in francese purtroppo mai tradotto ed edito in Italia.
Grazie, a presto