Non era una impressione vostra.
Lascia un commentoluglio 30, 2013 di carlovanni
Se negli ultimi, diciamo, venti anni non avete avuto la testa infilata nella sabbia, come dicono facciano gli struzzi (non è vero), vi sarete accorti che rispetto a un tempo ci sono state interessanti cambiamenti.
Ad esempio, non avrete potuto fare a meno di notare che sono spuntati qua e là comunicati stile propaganda fascista, “O noi aggrediamo il mercato, o il mercato aggredisce noi!”, “Il cliente è tuo amico e tuo alleato, leccagli le scarpe.”, o la stronzata fotonica magistrale, “Ci troviamo continuamente di fronte a una serie di grandi opportunità brillantemente travestite da problemi insolubili”.
Così come non avrete potuto evitare di accorgervi della presenza di personaggi diversamente qualificabili che all’improvviso hanno fatto il loro ingresso in azienda (o nell’Ente per il quale lavorate, che tanto ormai il lavoro pubblico è caduto così in basso da voler prendere ad esempio le aziende private, pensate un po’), sulle prime sorridenti e paciosi, in apparenze, poi rapidamente gettata la maschera arroganti, presuntuosi, superficiali, ahimè con voce in capitolo per pianificare, giudicare, organizzare il lavoro che voi magari svolgete da 5 o 25 anni con onestà e, se siete proprio fortunati, o fessi, anche un tantinello di passione: i consulenti.
Ecco; le cose sono cambiate, non è sembrato solo a voi. A quantificare, a sputtanare la natura e la misura di questo cambiamento, ci pensa Matthew Stewart, consulente pentito (pentitissimo) nel suo splendido “Twilight Manager”, che ho preso a prestito, leggiucchiato, poi ripreso a prestito, letto e infine acquistato e infilato di diritto nella mia piccola ma fornitissima biblioteca degli essenziali come manuale imprescindibile per ricordarsi di come siamo messi e di dove andiamo.
In sintesi: tutte quelle eccezionali, geniali, metafisiche teorie di management, tutte quelle riunioni per motivare il personale, tutte quelle rotture di coglioni di gente che cronometro in mano razionalizzava i vostri tempi e metodi, le spending rewiew, i controlli di gestione, i consulenti, i manager maximi, la mission aziendale, il manuale della qualità, i maghi della finanza, del bilancio, del mercato, tutto, ma proprio tutto, deriva dal pensiero di alcuni farlocchi anglosassoni – perlopiù statunitensi – che sono stati capaci di unire il concetto di “azienda” e quello di “fede”, creando un mondo di dogmi tanto indiscutibili quanto basati sul nulla assoluto.
Leggete e divertitevi, e scoprite su cosa si basano gli stipendi dei vostri dirigenti, su quali straordinarie capacità taumaturgiche, su quale capacità di analisi predittiva, su quanto è meritocratico il loro mondo (non lo è) che, zitti zitti, un passo alla volta, sono riusciti a farvi introiettare, cosicchè adesso siete lì che vi sentite pure in colpa, se vi organizzano il lavoro di merda e non riuscite a raggiungere risultati che, se anche foste il penultimo figlio di Krypton, in ogni caso non potreste raggiungere, o comunque mantenere.
Ve lo consiglio, come lettura per le vacanze?
No; ve lo ordino, nel timore che molti di voi siano già così profondamente ipnotizzati da non capire neppure di cosa si stia parlando, dando per scontato che l’universo il cui viviamo lavorativamente parlando abbia un senso, e soprattutto, sia il migliore dei mondi possibili.