Il naso.

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gennaio 10, 2013 di carlovanni

VALVERT: Aspettate. Vado a complimentargli della sua faccia il vanto. Voi! Voi avete un naso… che è grande. Tanto!

CIRANO: Tanto.

VALVERT: Ha!

CIRANO: Basta?

VALVERT: Sì.

CIRANO: Ah no. Non è molto, messere. Ce n’erano, oh Dio, ce n’erano a volere. Variando il tono dire… Per esempio, sentite: Aggressivo – se avessi per naso un monolite io me l’abbatterei sulla pubblica piazza. Amichevole – deve sguazzarvi nella tazza, munitevi di giara quando voleste bere. Descrittivo – è una rocca, è un picco, è un belvedere, che dico un belvedere, penisola, altroché. Curioso – a cosa serve quell’oblungo canapé? Nasconde uno scrittoio? Oppure un portaombrelli? Grazioso – Amate forse a tal punto gli uccelli che padre, sposo e amante, offrite una torretta perché vi si ristorino dal becco alla zampetta? Catastrofico – quando, signore, voi pipate, gli sbuffi dal naso vengon fuori a folate, non vi gridano intorno: “S’è incendiato il camino”? Cortese – se la testa vi inciampa in quel gradino, attento a non cadere e lasciarci le cuoia. Dolce – dovete alzarvi una minima tettoia, se no il color nasale al sole si sbiadisce. Saggio – “Solo una bestia,” Aristofane ammonisce, “chiamata ippocampelefantocamaleonte, può avere tanta carne sull’osso sotto fronte.” Drammatico – è un Mar Rosso, quando ha l’emorragia. Ammirativo – oh, insegna di gran profumeria! Lirico – è una fontana, e voi siete Tritone? Naif – il monumento quand’è in esposizione? Militaresca – carica con la cavalleria! Pratico – lo infiliamo in qualche lotteria? Non v’è dubbio, signore, sarà il premio più grosso. E parodiando – Piramo, piangente a più non posso: “Ecco quel naso che del volto del padrone distrusse l’armonia! Ne arrossisce il fellone!” Ecco che cosa più o meno avrei sentito se di lettere e spirito foste stato unito. Ma di spirito voi, bel saccone di pelle, non ne aveste un sol alito, e di lettere quelle con cui si scrive la parola “Scarafaggio”. Aveste per ipotesi avuto poi il coraggio di provocarmi in pubblico, in piena galleria, servendovi di simile, amara allegoria, non sareste riuscito a balbettar l’inizio della metà di un suono, perché io mi delizio di dirmele da me, facendone anche incetta, ma non permetto mai che un altro si permetta.

DE GUICHE: Valvert, per carità!

VALVERT: Che arie arroganti! Un signorotto senza il complemento di guanti, di nastri, di alamari, di sbuffi in seta e lino!

CIRANO: Ma io è moralmente che sono un figurino. Io non uscirei mai con, sì, per negligenza, un affronto non ben lavato, la coscienza gialla ancor di dormita nell’angolo dell’occhio, con l’onore gualcito, gli scrupoli in ginocchio, ma io procedo e sono, in piena lucentezza, piuma di indipendenza, pennacchio di franchezza.

DE GUICHE: Basta là!

CIRANO: Io non porto guanti? Il fatto è che me ne avanzava uno, di un paio demodé, e ciò malgrado ancora me lo sentivo in più, tanto da darlo in faccia, non ricordo a chi fu.

 

Da “Cyrano de Bergerac”, di Edmond Rostand

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