Straniero in terra straniera

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settembre 11, 2012 di carlovanni

Nel 1961, Robert Heinlein pubblicò questo curioso, emozionante, commovente romanzo nel quale, come al solito, si divertì  a prendere tutto quello che di normale e consueto c’è nella vita di ogni giorno per rimetterlo in discussione.

Stavolta, anzichè affidarsi a trame d’azione in ambientazione sempre rigorosamente S.F. (“La luna è una severa maestra”, “Fanteria dello spazio”, “La strada per la gloria”, “Il Numero della Bestia”, “Lazarus Long, l’Immortale”, “Il gatto che attraversa i muri” e molti altri) decise di raccontarci la realtà attraverso il punto di vista di un uomo / non uomo.

Valentine Michael Smith, il protagonista della storia, è infatti un ragazzo che, dopo un incidente ad una stazione su Marte, viene allevato dai marziani secondo i loro usi, costumi e, quel che è più importante, attrezzature per il pensiero.

Arrivato sulla Terra, viene preso in custodia da un eccentrico avvocato, Jubal, che cerca – faticosissimamente – di renderlo veramente, effettivamente umano, facendogli capire da quali basi muovono il nostro pensiero ed il nostro agire.

Operazione quanto mai faticosa, dal momento che nel momento in cui profonde i suoi sforzi, viene al contrario “contaminato” dall’esperienza della vita vista dal punto di vista dell’Altro, e in questo modo tutto finirà per mostrarglisi alieno.

Questo libro fu alla base di gran parte della controcultura degli anni ’60, con i suoi paradossi e la sua visione assieme critica e disincantata del mondo moderno e della realtà della coscienza umana;

io ve lo consiglio spassionatamente, avvisandovi fin d’ora che non è sempre facile seguire Heinlein nei suoi scritti più volatili, che tendono a diventare lunghi, prolissi e anche molto strani. Ma lo sforzo, vi assicuro, vale la pena, per questo come per molti altri suoi libri.

Qui di seguito riporto un passo in cui Mike finalmente, a suo modo, capisce (lui dice: “grokka”) cosa significa essere umani, attraverso la comprensione dell’umorismo:

neanche a dirlo, una comprensione molto più profonda e sconcertante di quello che può essere la riflessione comune che riserviamo quotidianamente a queste cose.

Buona lettura.

«Jill, mia cara! Stai diventando un po’ troppo marziana. È chiaro che non
era una scena comica; era tragica. Ed è proprio per questo che non ho potuto
fare a meno di ridere. Guardando quella gabbia piena di scimmie, ho visto
improvvisamente tutte quelle cose crudeli, malvagie e inspiegabili di cui
avevo letto e sentito parlare quando ero con la mia gente… e all’improvviso
ho provato un dolore tale che mi sono ritrovato a ridere come un pazzo.»
«Ma… Mike caro, di solito si ride quando si vede qualcosa di
divertente… non per qualcosa di orribile.»
«Davvero? Pensa a Las Vegas; quando tutte voi belle ragazze salivate sul
palco, la gente per caso rideva?»
«Be’… no.»
«Eppure voi ragazze eravate la parte migliore dello spettacolo. Grokko
solo ora che se la gente fosse scoppiata a ridere nel vedervi, la cosa vi
avrebbe ferite. Invece la gente rideva quando il comico inciampava sui suoi
stessi piedi e cadeva con la faccia sul palco… o per qualche altra cosa simile,
che non era certo un bene.»
«Ma la gente non ride solo per queste cose.»
«Ne sei sicura? Forse non l’ho ancora grokkato nella sua pienezza. Trovami
qualcosa che ti fa veramente ridere, non che ti fa sorridere, ma che faccia
spanciare letteralmente dalle risate. Poi vediamo se non c’è uno sbaglio dentro,
e se rideresti lo stesso anche senza di essa.» Rifletté un attimo. «Grokko
che quando le scimmie impareranno a ridere, saranno persone.»
«Forse.» Con qualche dubbio ma con seria dedizione, Jill iniziò a frugare
nella sua mente alla ricerca delle battute che aveva trovato piú ridicole e irresistibili
in assoluto e davanti alle quali non aveva potuto fare a meno di ridere…
incidenti cui aveva assistito o di cui aveva sentito parlare che l’avevano
portata a sbellicarsi dalle risa.
Ma rinunciò presto alle barzellette, facendo notare a Mike che si trattava
di semplici fantasie e non di storie vere. Cercò di ricordare qualche avvenimento
reale. Battute? Qualsiasi battuta sosteneva la tesi di Mike… se poi le
venivano in mente le spiritosaggini degli interni e degli studenti di medicina…
be’, era gente che andava come minimo rinchiusa. Che altro? La volta
che Elsa Mae aveva perso le sue mutande con il monogramma? Per Elsa
Mae non era certo stato divertente. Oppure quella volta che…
«A quanto pare lo scivolone su una buccia di banana è il culmine dell’umorismo
» fu costretta ad ammettere infine. «Certo, Mike, che non è una
gran bella immagine della razza umana.»
«Oh, invece sì!»
«Cosa?»
«Io pensavo, così mi era stato detto, che una cosa “buffa” è una cosa che
ha del bene in sé. Invece non è affatto così. Una cosa buffa non è quasi mai
buffa per la persona a cui accade. Come quello sceriffo senza pantaloni. Il
bene sta nel ridere di per sé. Io grokko che si tratti di una dimostrazione di
coraggio… una condivisione di sensazioni… per contrastare il dolore, il dispiacere
e la sconfitta.»
«Ma Mike… ridere della gente non è affatto un bene…»
«No. Ma io non ridevo di quella scimmia. Ridevo di noi. Della gente. Improvvisamente
mi sono reso conto che io ero la gente, e allora non sono piú
riuscito a smettere di ridere.» Fece una pausa. «È difficile spiegartelo, perché
per quanto ti abbia raccontate molte cose su Marte, tu non hai mai vissuto
come una marziana. Su Marte non c’è mai nulla di cui ridere. Le cose
che per noi umani fanno ridere non possono avvenire su Marte, per motivi
puramente fisici o perché non sono permesse: tesoro, ciò che tu chiami “libertà”
su Marte non esiste affatto. Tutto viene pianificato dagli Anziani. E in
quanto alle cose che accadono su Marte che farebbero ridere noi sulla Terra,
non sono affatto buffe su Marte perché non vi è alcuno sbaglio in esse.
Prendi a esempio la morte.»
«La morte non è affatto una cosa buffa.»
«Allora perché esistono tante battute e barzellette sulla morte? Jill, per
noi, per noi umani, la morte è una cosa talmente triste che dobbiamo per
forza riderci sopra. Tutte le religioni, a esempio; cadono in gravi contraddizioni,
ma ognuna ha diversi metodi per aiutare la gente che ne ha il coraggio
a ridere anche se sa che sta per morire.»

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