Mai gridare al lupo

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febbraio 17, 2012 di carlovanni

Mica facile, inventarsi modi per farsi leggere.

Oppure, no; in realtà è piuttosto facile.

Basta usare i soliti, vecchi cari sistemi: parlare di paura, di figa, di cacca, di soldi facili.

Poi se uno riesce a farceli stare tutti insieme, è un successone!

La paura è forse il soggetto oggi più cliccato in assoluto.

A quanto pare, ancora il livello di saturazione non è stato raggiunto, chissà perchè, e si ha buon gioco a gridare al Lupo – nonostante, come si sappia, sia pratica poco accorta, perchè poi quando il lupo arriva la gente è già stufa e nessuno più se ne occupa.

Beppe Grillo, che ho amato fin dai tempi di “Te la do’ io l’America” (e non è mica poco, sette decimi di quanti oggi lo osannano non sapranno manco di cosa sto parlando) è oggi uno di coloro che con maggior successo cavalca questa gigantesca onda di sterco, con metodi sempre più discutibili, a mio giudizio.

Se un tempo infatti le sue armi erano l’umorismo paradossale, la capacità di rovesciare i concetti, di mettere in parodia, oggi è diventato pesante come le tasse;

incattivito, livoroso, spaventevole, vaticinante.

E quel che è peggio, è che una delle sue caratteristiche di base – la licenza poetica, chiamiamola così –

fino a quando la applicava agli sketch era efficace e costruttiva, e molto divertente.

Oggi che la applica alla diramazione delle notizie, non fa tanto più ridere.

Vi prego di confrontare questo testo, che riporto dal suo Blog:

“Uno su quattro non ce la fa. Il 24.5% delle famiglie italiane è a rischio povertà. Non riesce a pagare l’affitto, il mutuo, non usa il riscaldamento, non apre neppure le bollette del gas e della luce. Mangia ancora, ma sempre più spesso fa la fila alla Caritas. Qualcuno si azzarda a chiedere l’elemosina, ma lo fa quasi chiedendo scusa. Abbassa gli occhi come un cane bastonato. La disoccupazione colpisce soprattutto i ragazzi che lasciano il Paese appena possono. Nel Sud l’emigrazione è diventata l’unica possibilità, come nel dopoguerra.
Ci stiamo abituando a questa realtà come se non ci riguardasse. Una malattia che colpisce sempre gli altri, di cui parlare sottovoce con compatimento “E’ fallito, eppure stava così bene“, oppure con una punta di critica “Se volesse troverebbe un lavoro” o con sicumera “A noi non può succedere“.
tiamo diventando una Nazione di pezzenti e, paradossalmente, la cosa non ci riguarda. Almeno fino a quando non tocca a noi. Un quarto degli italiani è un numero colossale, pari a quindici milioni di persone, ed è in aumento. A quanti potremo arrivare? Un tempo avevamo panem et circences, ora solo i circences con il calcio. Non possiamo trasformare l’Italia in una società a due livelli, chi mangia e chi no. Dovremmo mangiare tutti un po’ meno e stringere la cinghia. L’unica misura mai nominata dal governo Monti è stata la patrimoniale, una bestemmia per un banchiere, colpisce i ricchi che “sono tristi se noi piangiam“, come cantava Jannacci. Invece andrebbe proposta per la creazione di un fondo destinato al reddito di cittadinanza uguale per tutti i disoccupati per soddisfare i bisogni primari, dalla casa alla spesa. Insieme al reddito per cittadinanza andrebbero creati dei veri centri di collocamento che propongano attività che se rifiutate farebbero decadere l’erogazione del reddito. Nessuno può essere lasciato indietro.”

 

Con questo link, che se non è proprio la fonte dei dati (la ricerca Eurostat) già suona molto differente da quanto riportato:

http://www.loccidentale.it/node/106008

e con questo, se non vi sembra molto simile:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/02/08/visualizza_new.html_76409600.html

Non c’è bisogno che io commenti oltre: dovrebbe essere tutto chiaro.

Se non si è in grado di capire la differenza tra “rischio di povertà” e “povertà”, è un altro discorso.

Certo che poi potrebbe essere un problema anche capire la differenza tra “attraversare la strada è pericoloso” e “scccccrrrrEEEEEEEEKKKKKKK – BOOOOMM!!!”.

 

 

 

 

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