94. Decidere di salvare il mondo. Manuale per farsi lasciare.
Lascia un commentogiugno 29, 2011 di carlovanni
Manuale per farsi lasciare da un uomo.
94. Decidere di salvare il mondo. Manuale per farsi lasciare.
Basta aprire il giornale.
O il telegiornale.
Il mondo è costantemente sull’orlo della distruzione.
Ancora non ci siamo ripresi dall’ultima Era Glaciale, che sembra a volte ne stia arrivando un’altra.
E siccome non c’è più la mezza stagione, è sempre
emergenza siccità,
emergenza desertificazione,
emergenza pioggia,
emergenza neve,
emergenza vento e nebbia e ombra.
Per non parlare:
della fame,
dell’estinzione delle specie animali, della radioattività e del buco nell’ozono, delle cavallette, delle rane e dell’acqua che si tramuta in sangue, del beri beri, del vaiolo, del colera;
della fame, della sete, del freddo, della guerra, della mancanza di istruzione, degli stupri e delle infibulazioni, della depauperazione delle risorse energetiche e della deforestazione.
E sono sicuro di scordarmi almeno il settanta per cento delle rogne con le quali i media ci tengono ogni giorno sulla corda.
Dopo un po’, se avete ancora l’istinto di sopravvivenza anche soltanto ridotto al lumicino, vi dite:
ma vaffanc…!!!
E vi girate dall’altra parte, certi di avere abbastanza problemi nell’immediato senza dovervi preoccupare anche dello spegnimento del Sole, tra cinque miliardi di anni (e adesso che ve l’ho detto, magari non ci prendete sonno).
Più o meno la stessa cosa che pensa anche il vostro compagno, di sicuro, il quale già da un pezzo ha imparato che quando parte la pubblicità, non è inusuale vedere le pance vuote dei bambini poveri;
e allora, o si guardano solo programmi da ricchi, che lì la pubblicità sociale non c’è quasi mai, oppure si cambia rapidamente canale.
Ma è proprio qui, che casca l’asino;
perché lui, ovviamente, è un grande insensibile, e questo dovete senz’altro farglielo notare, e se nessun altro pensa di farci qualcosa, ecco, allora è il vostro turno di intervenire!!!
Ben consapevole che fino a ieri l’unico problema che vi avesse veramente coinvolto nell’intimo era come vestirvi per la giornata di apertura dei saldi, o il perché avessero estromesso quel tipo così carino dal reality show, il vostro partner rimarrà certamente sorpreso nello scoprire in voi l’animo di una novella Florence Nightingale.
Fino a ieri, gli avete fatto una testa così perché Rodi non era così cool come i Caraibi;
oggi, meditate di aprire una cooperativa agricola femminile in Darfour, e barattereste tutti i tacchi 14 che avete esposti in bella fila nella Stanza delle Scarpe con un singolo paio di Desert Boots.
Rassegnato, dovrà sorbirsi lo spettacolo di voi che sciorinate statistiche di tutte le sfighe presenti sulla faccia della Terra negli ultimi 400 anni:
voi, che avete pianto quando hanno detto che dovendo fermare la vivisezione a scopi sperimentali nella cosmetica, e avete capito che molti rossetti non sarebbero più stati disponibili.
Da Crudelia Demon, siete improvvisamente diventata Madre Teresa;
e la cosa, come si sa, ha un effetto altamente spiazzante sull’equilibrio mentale di noi poveri uomini, che già di suo è molto delicato.
Sulle prime, vi lascerà fare, pensando si tratti di una cosa passeggera, temporanea, come mille altri grilli per il capo che vi sono venuti in passato.
Non arrendetevi.
Ne va della vostra credibilità.
Iscrivetevi a Medici Senza Fontiere, al WWF ed a Greenpeace.
Cominciate a fare acquisti:
mappe militari del Lesotho, desalinizzatori tascabili, kit antivipera, rete anti parassiti, machete.
Se ancora lui non cede:
investite in un corso di bengali, o di wolof.
Capita a volte che lui, ancora, pur nell’accompagnarvi all’aereoporto non sia del tutto persuaso che avete deciso di spendere la vostra intera vita per salvare il mondo in posti irraggiungibili.
Non demordete.
Se riuscite, magari, nel buttare un occhio dal finestrino potreste vederlo improvvisare alcuni passi di danza, o gettarsi nelle braccia di una vaporosa bionda.
Altrimenti, non vi resta che rimanere all’estero, o comprare una identità nuova per poter tornare a casa ed evitarlo.
95. Cercarvi. Molto lontano.
Arriva presto o tardi il momento in cui la vostra vita vi appare vuota e priva di significato. Le telenovelas, non riescono più a colmare il vuoto che si è aperto dentro di voi. Tutto l’ossigeno del mondo convogliato nella vostra nuova acconciatura risulta inefficace. E quando persino lo shopping non sortisce più alcun effetto, quando nemmeno la disintegrazione di migliaia di Euro in articoli tanto affascinanti quanto frivoli riesce più a fornire un senso alla vostra vita, allora, è segno che siete di fronte al Grande Cambiamento. Alcuni la chiamano Crisi di Mezza Età; gli uomini, di solito, sono usi scapolarla elegantemente distruggendo la famiglia scappando con una venticinquenne, o facendosi un piccolo tatuaggio, o comprando una motocicletta costosissima che utilizzeranno si e no tre volte l’anno. Per voi donne, mi rendo conto; è più difficile. In parte, la chirurgia estetica moderna può porre rimedio a queste crisi apparentemente ingestibili; due belle tette nuove, delle dimensioni di un siluro per incursori subacquei, possono restituire il senso della vita in un batter d’occhio. Ma questo non vi aiuterebbe a liberarvi del vostro zavorrone preferito. Abbiamo visto invece come scelte di vita nuove, importanti ed improvvise possano essere abbastanza destabilizzanti all’interno di una coppia: buttarsi sulla religione, improvvisare una crociata per salvare il mondo, sono ottimi metodi per metterci una pietra sopra. Una interessante variazione sul tema è quella che vi vede andare in crisi profondissima, senza speranza di salvezza, dal momento che non vi ritrovate più nei canoni e nei valori del nostro mondo occidentale, consumistico, svuotato di significato e sterile dal punto di vista spirituale. Il fatto che fino a ieri in un mondo così superficiale ed angusto ci sguazzavate come un porcello nel brago non vi deve trattenere neppure un istante: la coerenza, lasciatela ai santi, o alle filippiche degli opinionisti televisivi, dove assolve alla sua corretta funzione di intercalare. No; voi dovete pestare su questo tasto fino a quando il vostro uomo si convincerà che o trovate la vostra strada, o dovrà allertare tutto il vicinato, che veglino sui vostri tentativi di suicidio prossimi. Dai oggi, e dai domani, finirà col considerare normale, o quasi, il fatto di trovarvi al ritorno dal lavoro nella posizione del loto (in tavola, ovviamente, se va grassa, due uova sode), strabiche nel tentativo di fissare la fiamma di una candela senza sbattere le ciglia, o con un macello sul parquet del salotto che voi insistete a definire un “mandala”. Se ancora non vi ci manda, andateci voi. Tappezzate la casa di orrendi tentativi di raffigurazioni di Ganesha, che avrete fatto in modo da far rassomigliare qui a un capretto, là ad un facocero, bruciate incensi umidi comprati in svendite fallimentari di negozietti di cineserie, bardatevi come una sposa turcassa priva di gusto di un film di serie B. Così, quando vi esibirete nella celeberrima frase “Caro, ho deciso: vado in India, per ritrovare me stessa!”, lui potrà omettere di darvi la risposta che vi meritereste (ossia, che se avete bisogno di andare fino in India per ritrovarvi, dovete essere davvero molto distratta, per esservi persa così lontano) e potrebbe persino arrivare al punto di esibirvi il vostro passaporto già timbrato e bollato di fresco e le valigie fatte, e avvisarvi che il taxi è già stato allertato, così fate prima. Una volta sul taxi, naturalmente, non c’è alcun bisogno di arrivare all’aereoporto. Fate un largo giro, raggiungete il mini che avete affittato la settimana precedente, toglietevi quegli orrendi stracci di dosso e telefonate per prenotare alla SPA. Anche lì potrete ritrovare voi stesse. Persino più in forma.
96. Impazzire
Di come sia proficuo sviluppare malattie incurabili, abbiamo già parlato abbondantemente; sono pochi, gli uomini disposti ad immolarsi a vita per alleviare le vostre pene. Di quanto i problemi psichici siano enormemente più spaventosi di quelli fisici, ormai, ne abbiamo dissertato in maniera particolareggiata; fa ben più paura una depressione, che non si vede, non si tocca, non si sa dove vada a parare, di una malattia grave con un decorso conosciuto. E allora; è venuto il momento di unire questa tecnica straordinaria dell’ammalarsi, con il principio di base più volte sottolineato, che consiste nel cambiamento inesplicabile al quale lui non sa reagire costruttivamente. Un po’ come quando cambiano i doppiatori agli eroi del teleschermo: l’indice di gradimento si abbassa, chi li riconosce più? Vi ricordate “L’invasione degli Ultracorpi”? Non era la minaccia dell’invasione extraterrestre, a farci tanta paura; no, il problema era che quei carognoni clonavano i nostri cari, e si presentavano a noi con la stessa carrozzeria, ma con una mente del tutto diversa. Non è questa la sede per una disamina psicanalitica seria; limitiamoci a considerare che funziona, e anche un bel po’. E dal momento che non sarebbe così facile fingersi clonate dagli alieni (ma in fondo, ci si potrebbe pure provare, no? Sai che spasso!), stavolta vi propongo invece di impazzire. Proprio così: perdere la sanità, meglio ancora, l’identità mentale. Ci vuole molta più abilità che a fingersi depresse, vi avviso; un buon punto di partenza può essere cominciare a dire quello che realmente pensate delle situazioni di ogni giorno, senza vergognarvi di quanto il vostro pensiero può essere originale o inutile o che. Ciascuno di noi, nel suo privato, fa delle cose che per gli altri sono da considerarsi nel migliore dei casi roba da deficienti; non vi sarà troppo difficile calcare un poco la mano, e farvi considerare tali. Avete presente Amleto? Ecco un buon esempio di uno che, pur continuando a stare in mezzo agli altri, faceva a modo suo, col risultato che tutti lo prendevano per pazzo. E il risultato collaterale più interessante è che alla fine gli altri, a furia di stargli vicini, uscivano pazzi loro. Può essere utile cominciare a scacciare insetti immaginari, o rispondere a persone che non sono presenti; parlare da soli, è una cosa che fanno tutti gli anziani, e come ben sappiamo così facendo firmano praticamente un pagherò per il ricovero prossimo venturo. Ci sono cose che nella follia fanno veramente gelare il sangue. Potete ottenere risultati stupefacenti facendo finta che una persona sia in realtà un’altra, magari scomparsa da tempo; come pure, coccolando un cuscino, cullandolo come fosse un bebè, e poi all’improvviso magari scagliandolo contro il muro, gli occhi sbarrati. Mettete sul fuoco la caffettiera senza caffè. Apparecchiate per sei se siete in cinque, e a metà pasto dite, rivolti alla sedia vuota: ma perché non mangi, caro? Non ti piace? E poi, cambiando improvvisamente tono: con tutto quello che ho fatto per te, non sei mai contento!!! Potete farvi trovare nuda e gocciolante al centro del salotto, mentre cantate una filastrocca, e quando lui entra dire, oh, caro, hai visto il mio agnellino? O tagliargli a striscioline sottili tutte le camicie, per poi appenderle nelle grucce, con grande cura. Ho conosciuto un tizio cosiddetto “normale” che strappava le ali alle mosche, e poi le fermava con un pezzetto di scotch su di uno sportello della cucina, come monito per quelle a piede libero. Credo di essermi spiegato a sufficienza; la differenza tra sanità mentale e pazzia è davvero molto esigua, e la pazzia può mettere veramente addosso una fifa blu. Se riuscite a non farvi internare per davvero, un rischio che dalla legge Basaglia in poi è davvero risibile, dovreste essere a cavallo.
97. Sviluppare fobie
Non siete per forza costrette a rischiare il manicomio, per essere ragionevolmente sicure di liberarvi del topo di fogna che saccheggia la vostra dispensa. La nave, non è obbligatorio che debba affondare; in moltissimi casi, è sufficiente che si inclini un po’ da un lato, che ci sia da mettersi a svuotare l’acqua che entra da una falla, perché il suddetto roditore abbandoni precipitosamente il natante e si rifugi su zattere considerate più sicure. Tra la salute mentale più lampante ((io non l’ho ancora mai vista, ma molti psichiatri, di solito anch’essi in cura, mi dicono esista) e la schizofrenia più totale ci sono molti stati intermedi sui quali possiamo abilmente fare leva. Ad esempio, è bellissimo fingere di sviluppare fobie. Sono diffusissime; sono spesso incurabili; la differenza tra un semplice ribrezzo e una fobia vera e propria in molti casi è indistinguibile; e, meraviglia delle meraviglie!!! Ce n’è per tutti i gusti! Prendiamo ad esempio la fobia degli insetti. Pressochè qualunque cosa strisci, voli, cammini, si insinui potrà scatenare in voi un parossismo di crisi isterica; riuscite ad individuare un posto, in tutto il pianeta, nel quale la possibilità di trovare un insetto sia da considerarsi prossima allo zero? Io, sì; ma un trasferimento sul pack artico è comunque una soluzione abbastanza estrema da risolvere comunque il vostro problema, e dovendo, me la terrei per ultima, se proprio fosse necessaria. Affine a quella per gli insetti c’è la stupefacente aracnofobia, molto comune, che riesce a far fare vere e proprie acrobazie a vecchine novantenni da anni considerate allettate: il più innocuo, timidissimo ragnetto può terrorizzare omoni che sarebbero si e no irritati dalla vicinanza di un leone affamato. Poi, tristemente diffuse, e facilmente abbinate a molti stati depressivi ci sono la claustrofobia e la agorafobia; l’una il terrore degli spazi chiusi, l’altra quello degli spazi aperti, riescono a combinarsi così perfettamente una con l’altra da far pensare che in fondo siano la stessa cosa. Già; perché non è affatto detto che dobbiate avere solamente una. Potrebbero anche a rrivare a grappoli: quattro, cinque, sei alla volta. Rendendo la vostra vita e quella di chi sta al vostro fianco un vero e proprio inferno in terra. Potreste ad esempio essere agorafobiche ma voler uscire di casa, e una volta fuori, raggiunto il negozio tal dei tali, bene attente a non attraversare piazze nel timore vi cada in testa il cielo, trovarvi una ressa che vi toglie il respiro; e tornate a casa, uscire di testa per una ragnatela per le scale (l’ascensore essendo ovviamente proibitissimo). C’è poco da scherzare, me ne rendo conto. Tanto più che una cosa è provare fastidio, timore, o semplice paura; qui, da mettere in atto sono delle vere e proprie crisi di nervi incontrollabili, di quelle che in tre non sono in grado di tenervi, e che rischiano di attirarvi l’attenzione di tutti i ceffonatori della zona, di quelli che pensano che dare una sberla da svitare il collo a qualcuno possa servire a farlo stare meglio. Avete un grosso vantaggio, dal punto di vista recitativo: la possibilità di realizzare una continua escalation senza per questo apparire meno credibili. Questo, perché le fobie arrivano piano piano, e poi a frotte, ogni tanto, qualcuna sparisce, poi torna, poi peggiora, poi si attenua, poi ne spariscono due, e vengono rimpiazzate da un grappolo di cose del tutto nuove…e nessuno sa veramente il perché. Ci sono persone che guariscono spontaneamente e completamente; altre, che neppure sottoposte ad ipnosi hanno dei miglioramenti. Figuriamoci voi, che fingete. E poi: la varietà delle cose di cui avere paura! Conosco persone che sono atterrite dalla carta stampata, dai tavoli sgombri, dalle galline e dalle statue. Da qui a dichiarare che, sebbene lo amiate, siete del tutto terrorizzate dalla sua presenza, il passo può essere veramente breve. E dopo un cospicuo di training con altre fobie, giusto per prepararlo, sono certo sia una mossa davvero letale.
98. Pronunciare la frase “Ho paura che tu mi lasci”, e simili altre baggianate
Credo di avere già osservato, in queste stesse pagine, che la razza umana sia, in fondo in fondo, piuttosto strana. Siamo capaci di atti di nobiltà assolutamente incredibili, di spirito di auto sacrificio contrario ad ogni regola di buonsenso e di volontà di autoconservazione; al tempo stesso, ce ne usciamo con crudeltà così assolutamente gratuite da far pensare che, se non siamo le creature più crudeli sulla faccia della terra, certamente poco ci manca. Magari non sempre; certamente, non tutti. Però, vogliamo dirla proprio tutta tutta? Ci sono in giro un bel po’ di stronzi. Gente che è capace, proprio solo per farvi dispetto, di compiere cretinate inenarrabili, per il puro gusto di farvi sapere di poterlo fare. E non è che il campo delle relazioni di coppia sia immune da questa raffinata forma di idiozia; al contrario, forse è qui che, prima ancora di ogni altra branca delle possibilità umane, l’estro della stupidità umana può dispiegarsi in tutta la sua raffinata poliedricità. Molte persone sembra non aspettino altro che non sia il sapere cos’è la cosa che vi potrebbe fare più male in assoluto, per metterla in atto con grande rapidità. Perché questo avvenga, io per certo non lo so. Forse, in sintesi, le cose stanno come ho detto prima: sono stronzi, e basta. Fatto sta che se con queste persone vi azzardate a confidare una qualche vostra grande paura, come per incanto, la realizzano. Credo che in fondo sia un po’ come quando qualcuno vi dice: non pensare all’elefante! E voi, ovviamente, non riuscite più a togliervelo dalla testa, manco al gabinetto, manco al cinema. Maledetto elefante! Finchè un giorno non vi recate al circo, e sparate al povero pachiderma, che vi ha reso la vita impossibile. Ecco; supponiamo che il vostro uomo vi veda un po’ strane, un po’ soprappensiero; e che, il folle! Vi chieda cosa c’è che non va (mai chiederlo a una donna, lo sanno tutti, non risponderà mai con cognizione di causa). Voi, dopo un po’ di nicchiamento, lo guarderete negli occhi con fare tremebondo, e direte una cosa tipo “Niente, sono troppo felice, e ho paura che questo possa finire e che ti mi lasci”. Lui, nove volte su dieci, non ce l’aveva nemmeno per l’anticamera del cervello, di lasciarvi, neppure se a vostra insaputa stava già da anni emulando Hugh Hefner con le sue molte colleghe d’ufficio. E invece; proprio per questa vostra frase, si è attivato quel nuovo percorso neuronale che lo porterà quanto meno a fare sì che il fantasma della possibilità rientri d’ora in avanti nel campo del reale. Stesso dicasi per “Tu non mi tradiresti mai, vero?”, per “Beh, non pensare nemmeno lontanamente a chiamare tua madre in vacanza con noi!”, o “In fondo, io e te viviamo una coppia libera, io non ti considero una mia proprietà, quindi…”. Sono altrettanti inviti ad essere lasciate, a cuccarvi la vecchia sul moscone e ad essere riempite di corna peggio di un cesto di lumache. Se avvenga perché avete sfidato la sorte, e dovete essere punite; se per dispetto o spirito di contraddizione; se perché lui vuole dimostrarvi in una maniera contorta che ha ancora voce in capitolo nella propria esistenza, o semplicemente perché vi considera una intrigante rompiscatole e ha deciso di darvi una lezione, questi, sono misteri insondabili dell’animo umano. A noi, interessa solamente il risultato, in fondo.
99. Non rispondere al telefono
A me personalmente, è successo un sacco di volte. Di subire questa tecnica, cioè. Intendiamoci: quando ancora non sapevo che fosse una tecnica. Poi però ho imparato, ho dovuto prendere atto della realtà, per quanto incredibile e sgradevole fosse; e da lì in avanti, non c’è più stato verso di fregarmi. Nonostante tutto, ancora c’è gente che si ostina, a dispetto di ogni evidenza, a provarci, con me, sprecando tempo e decoro. Sto parlando dell’orrendo vizio, della stortura, della deprecabile abitudine di negarsi al telefono; e non ai seccatori che vendono, bontà della loro pazienza e del loro mestiere ingrato, dalle saponette ai contratti telefonici all’ora di cena, ma bensì ad amici ed innamorati. E non a quanti di loro da considerarsi seccatori intempestivi, ma al contrario a quelli che, a buon diritto, telefonano per informarsi, per fare un saluto, per rinnovare le profferte di simpatia, stima, innamoramento, interesse per lo stato di salute del chiamato. Più o meno, funziona così; vi sentite al telefono, vi mettete d’accordo per richiamarvi diciamo domani, o in serata, per scambiarvi i saluti, o per mettervi d’accordo sul da farsi. All’ora convenuta, voi chiamate: a vuoto. Nessuno risponde. Una persona normale, a questo punto, in un normale stato psicologico, non si scalda più di tanto: chiamerò più tardi, si dice, si vede che Tizia è impegnata. Passa mezz’ora. Passa un ora. Riproviamo. Di nuovo, nessuna risposta. Vabbè; ma quando vedrà la chiamata, si farà viva, no? E intanto la sera si avvicina, e circa il da farsi, ancora nessuna risposta. E voi state in casa, ad arrovellarvi: si sarà guastato il telefono? Sarà morta? In realtà ha una seconda famiglia, e suo marito l’ha béccata e le ha imposto il silenzio telefonico e i ceppi? E il tempo passa. Magari vi richiama il giorno successivo: ciaoooooo, ho visto le tue chiamate, pensa, avevo perduto il cellulare!!! E voi, visto che non avete motivo di dubitare, mettete in saccoccia e portate a casa. Poi succede una seconda volta, una terza e una quarta. E forse, dico forse, cominciate ad avere qualche dubbio. Insomma: credo di essere stato chiaro. A tutti capita, prima o poi, di non rispondere alla chiamata di qualcuno che al momento non vogliamo sentire. Ma eleggere questo comportamento a tecnica sistematica è indice di una certa crudeltà, senza dubbio. E’ un metodo straordinario per testare il grado di controllo psicologico che avete su di una persona, per governare con pugno di ferro la dinamica dei rapporti e per sottomettere chi dà prova di essere interessato alla vostra persona: siete voi, che governate il tempo e i modi in cui avviene il contatto. Le scuse per non rispondere possono essere molteplici: cellulare rotto, oppure, in una zona che non prende; vi sarete addormentate, o avevate perso l’ordigno, oppure lo avevate silenziato perché eravate a messa, magari quella del vostro funerale, una storia da non credersi; è un cellulare che, strano a dirsi, sembra che venga chiamato, ma poi non è vero; avevate in mente di rispondere subito dopo, ma la memoria, la vecchiaia, il buco nell’ozono, ve lo hanno impedito; e così via. Se siete in vena di scherzi, potrete persino tenere spento il cellulare per un giorno o due, senza dare notizie del vostro stato di salute; o addirittura, quando chiama lui, schiacciare il tasto “OFF”, vi assicuro che dall’altra parte ci si accorge perfettamente di quello che è successo. Poi, alla richiesta ovviamente preoccupata o incazzata o ambedue di fornire spiegazioni, potrete anche fare spallucce e rispondere, semplicemente: non avevo voglia di sentirti, non ero in vena. E vedere se lui manda giù anche questo rospo. Credo che molti uomini siano in grado di diventare del tutto deficienti, con questo giochino, prima di attuare le debite contromisure; che consistono, semplicemente, nel non farsi più né vedere né sentire. E, sì, presto o tardi, se uno ha un minimo di orgoglio, o di raziocinio, capisce l’antifona. E si regola di conseguenza.
100. Architettare figuracce in pubblico
Come abbiamo visto più e più volte, certe tecniche, che prese da sole sarebbero inefficienti o tutto sommato trascurabili quanto ad impatto, trovano la loro ragione d’essere in particolar modo nella loro dimensione sociale; ovvero, in quanto possibili o probabili cause di allontanamento dal gruppo. Mi spiego meglio: tutti, prima o poi, abbiamo necessità di metterci le dita nel naso. Se lo fate nel privato del vostro bagno, nessuno se ne accorge, e tutto resta come prima. Se lo fate davanti al vostro compagno, le prime volte, questi potrà restarci un po’ stranito: poi, col tempo, potrebbe persino arrivare ad ammirarvi per la vostra rilassatezza di costumi igienici. Se invece lo fate al pranzo di battesimo del figlio di sua sorella, davanti agli sguardi inorriditi di cognate, amici e suoceri, ecco, l’impatto è del tutto differente. Quello che teme davvero lui, sopra ogni altra cosa, non è tanto il fatto di perdervi, che già quello sarebbe piuttosto grave; no, quello che proprio non potrebbe sopportare è l’isolamento sociale, il venir tagliato fuori dal proprio clan, con la prospettiva di non avere più una rete di persone che lo sostengono, che lo accompagnano, che riconoscono, anche se per pura forma, il fatto che lui esista. Non potrò mai sottolineare abbastanza l’importanza di questo fattore: siamo animali sociali, per quanto a tutti piaccia prima o poi isolarsi, poco o tanto, per quanto i rapporti con gli altri finiscano con l’essere molto rarefatti, mano a mano che prende forma e si sviluppa il confortevole nido della nuova coppia, fare in modo che lui si trovi costretto a scegliere tra voi e le persone che compongono la sua tribù (e non parlo necessariamente dei legami di sangue, anzi!) potrebbe assestare un colpo davvero mortale al vostro sodalizio. Quindi, eccovi servita su di un piatto d’argento una delle tecniche madri: fare in modo di risultare assolutamente impresentabile presso le persone dalle quali lui cerca approvazione per le sue scelte. Si tratta, in sostanza, dell’esatto contrario di quello che fanno tutte le donne che entrano in un nuovo nucleo. Come fare? Lo spettro delle possibilità è davvero amplissimo. L’esempio delle dita nel naso di poco fa è davvero ottimo, purchè abbiate l’accortezza di far capire che si tratta di una abitudine insopprimibile, e non di un incidente occasionale. Vestirsi in maniera poco appropriata, dire parolacce in presenza dei bambini, emettere aria senza ritegno, ridere sguaiatamente, raccontare storielle decisamente un po’ troppo piccanti, anche questi sono esempi davvero eccellenti. Saranno insostituibili alleate nel vostro compito le donne del gruppo che state andando a contattare; ormai si sa, la solidarietà tra donne è un mito al pari dell’Araba Fenice, e potrete sempre contare su di loro perché si accorgano di ogni sfumatura, anche la più minuscola, che si possa ritenere di cattivo gusto, stonata o comunque fuori posto nel contesto. Fossi in voi, investirei anche un poco del mio tempo per mettere in giro delle voci poco caritatevoli su voi stesse: ad esempio, che eravate un milite dell’Arma, prima di cambiare sesso in una clinica colombiana, oppure, che tuttora, nei weekend in cui non state insieme a lui, fate il giro dei vostri clienti di quando battevate il marciapiede in una grande città del nordovest. Insistete particolarmente su madri, sorelle ed ex ragazze, come pure sulle compagne dei suoi amici; se siete in grado di guadagnarvi, e di coltivare, la loro antipatia, siete in una botte di ferro. Vedrete che se non vuole doversi trasferire in un paese lontano (nel quale comunque nulla impedisce di pensare che non vi comportereste esattamente allo stesso modo), vi scaricherà ben presto.
101. Non avere bisogno di lui
Perché un uomo decide di prendere una compagna tutta per sé? Considerato che la sua natura di natura di animale promiscuo lo porterà per tutta la vita a rimirare, con un sospiro, l’erba dei giardini del suo prossimo, ci siamo imbattuti in un interrogativo di non facile soluzione. In risposta a questa annosa domanda, può forse venirci in soccorso la saggezza popolare, celata stavolta nelle canzonette di successo. “Cercavo in te la tenerezza che non ho”, si diceva nell’immortale “Insieme a te non ci sto più”; e può darsi che questo sia assolutamente vero. Un altro indizio ce lo fornisce, probabilmente, Roberto Vecchioni: “Voglio una donna con la gonna, gonna, gonna”; e a meno che non si riferisca letteralmente a un capo di abbigliamento per quale nutra una preferenza feticistica, cosa della quale dubitiamo, crediamo di avere finalmente la chiave per sciogliere l’enigma. Gli uomini, vogliono le donne. Hanno desiderio e bisogno di una creatura femminile; capace di essere ricettiva, accogliente, morbida, affettuosa, capace di mostrarsi bisognosa di calore e protezione. Proprio quello, in fondo, di cui noi non siamo capaci, e che cerchiamo nell’altra metà della mela. Purtroppo, i tempi moderni hanno portato con sé, oltre all’emancipazione femminile, anche la sua immediata conseguenza: una fuga precipitosa da ruoli dei quali non si capiva più la ragione d’essere, figurarsi poi se se ne sentiva ancora l’esigenza; e, smantellati i vecchi punti di riferimento, in assenza, o in attesa (forse, perpetua) di quelli nuovi, stiamo tutti qui spaesati a cercare di arrabattarci meglio che possiamo. Vale a dire: male. Le nuove generazioni ci hanno portato donne non già emancipate, ma al contrario, bisognose più di prima, senza possibilità di scendere in mare con il salvagente della tradizione, e al tempo stesso dure, irrisolte, chiuse, incapaci di chiedere sia scusa che aiuto. A tanta promessa di liberazione e di preminenza di genere, sono seguite perlopiù una spaesata e devastante solitudine e un invecchiamento emotivo precocissimo, che ci regala ragazze di trent’anni che sono già deluse e stanche dei rapporti umani in genere, non parliamo di quelli con l’altro sesso; l’esatta corrispondenza dello smarrimento maschile dall’altra parte del confine, in una guerra tra generi che in effetti non si capisce bene che senso dovesse avere, se non quello (forse mai così lontano come oggi) di parificare diritti e doveri. Il segnale che molte donne di oggi mandano agli uomini che stanno loro accanto è, senza tante possibilità di errore in traduzione, “Non ho bisogno di te. Non ho bisogno di te. Io non ho bisogno di te”. E se da un lato è encomiabile, il non avere bisogno appoggiarsi su nessuno per sopravvivere, dall’altro, sappiamo bene che tante volte questo segnale è fuori luogo. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Le donne hanno spesso bisogno della presenza di un uomo al loro fianco; gli uomini, hanno bisogno di sapere che c’è qualcuno che ha bisogno di loro. E in una situazione sana, non si tratta del bisogno di chi non sa stare in piedi da solo, o del bisogno di quello che l’altro sa fare per noi; si tratta, al contrario, del bisogno emotivo, spirituale, fisico dell’altro, di una persona con la quale realizzare una intimità completa e vera, presso la quale potersi abbandonare completamente. Volete che un uomo si chieda, intimamente, nel profondo, perché mai dovrebbe stare con voi? Fategli capire a chiare lettere che di lui non avete alcun bisogno, che non è tanto la sua persona, quanto il suo ruolo, magari intercambiabile, magari addirittura assente. A meno che non sia una persona che non ha assolutamente nulla da dare…e non nego che ce ne possano essere molte, a piede libero…sono persuaso che non passerà molto tempo, prima del giorno in cui si metterà in cerca di una donna che gli somigli, nella sua necessità di dare e di prendere calore umano.