87. Costringerlo allo shopping. Manuale per farsi lasciare

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giugno 17, 2011 di carlovanni

Manuale per farsi lasciare da un uomo.

87. Costringerlo allo shopping. Manuale per farsi lasciare

Come può essere, che simili verità auto evidenti non vi siano ancora chiare, dopo migliaia di anni?

Uomini e donne, se è pur vero che apparteniamo alla stessa razza

(tant’è vero che riusciamo, sia pur con fatica, a riprodurci tra di noi),

è anche altrettanto vero che abbiamo organismi attrezzati per evenienze e compiti anche profondamente differenti, tra di loro.

Ci sono cose che, semplicemente, non potete pretendere che noi le si faccia;

non tanto per questioni di buona o di cattiva volontà, quanto proprio di fisiologia.

Non vi sognereste mai di chiederci di portare a termine una gestazione, mi immagino (o forse sì? C’è gente che pretende l’impossibile);

per lo stesso motivo, dovete sforzarvi di capire che per noi è impossibile, insopportabile, orribilmente faticoso e sbagliato fare shopping.

E non vi fate ingannare dal gran numero di creature di sesso non femminile che vedete scatenarsi sugli Outlet, negli ultimi anni;

la moda della ricerca del marchio, unita ad un preoccupante aumento del livello degli estrogeni nel sangue degli esseri umani, sta causando mutazioni orribili, le cui conseguenze future sono a tutt’oggi del tutto imprevedibili.

La verità è che l’organismo maschile non è assolutamente in grado di sopportare questo genere di attività.

Innanzitutto, il “passo da shopping”:

una specie di brutta variante del “passo da pinacoteca”, che costringe un primate fatto o per brachiare da un ramo all’altro come un gibbone

(e lo si vede ancora, sugli autobus),

o per correre nella savana

(o verso il gabinetto più vicino)

a fare piccoli passi strascicati, intermezzati da pause irregolari  su di una gamba sola.

Risultato:

tempo quaranta minuti, una sciatalgia fulminante.

Poi viene il meccanismo oculare di controllo del territorio.

Noi, quando entriamo in una via , sappiamo già tutto quello che contiene, e quali sono le cose che ci interessano, e ci dirigiamo prestamente verso di esse.

Voi donne, ronzate di vetrina in vetrina come api bottinatrici, dedicando a ciascun manichino il tempo per noi sufficiente a comporre un articolo di giornale.

Anche se le avete già controllate non più tardi di ieri, ed era sabato notte.

Le nostre mani sono fatte per stringere, torcere, sminuzzare, colpire, maneggiare strumenti di precisione;

non certo per palpeggiare ogni singolo scampolo di tessuto o melone o pomodoro o tetta di silicone altrui presente nel raggio di sei chilometri quadrati di mercato.

E trovarci immersi in una massa di maleodoranti virago che si pressano, si spintonano, si strusciano per controllare il contenuto di un banco di orribili stracci ai quali ci siamo malauguratamente avvicinati,

se in voi non genera reazioni particolari,

a noi causa veri soprassalti di bile, e l’unica cosa che desidereremmo avere a portata di mano in una simile situazione non è già il portamonete, ma più coerentemente una ascia bipenne barbarica con la quale fare piazza pulita una volta per tutte.

Se a questo unite il vostro incredibile talento adattivo, consistente nell’essere in grado di ridurre lo stato di stress che vi attanaglia semplicemente vuotando il conto in banca, quale che sia la natura dell’acquisto

(altra cosa che a noi cacciatori – raccoglitori non va giù, più o meno dal Pleistocene in avanti),

potete capire che effetto dirompente potrà avere su di un uomo costringerlo a venire a fare shopping con voi.

Ricordate sempre:

un uomo che acconsente di buon grado a fare shopping con voi,

o ha in circolo nel sangue una quantità di estrogeni veramente smodata,

oppure, e anche questa è una casistica piuttosto frequente, vi si vuol fare.

Per cui, trattandosi del vostro uomo,

ed escludendo la prima possibilità perché spero nel vostro buongusto,

e la seconda perché ormai lì presumo non ci sia o il bisogno, o nemmeno più l’abitudine,

direi che nell’applicare questa dirompente tecnica potete essere fiduciose di andare praticamente a colpo sicuro.

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