74. Parlare, mai. Manuale per farsi lasciare
Lascia un commentogiugno 4, 2011 di carlovanni
Manuale per farsi lasciare da un uomo.
74. Parlare, mai. Manuale per farsi lasciare
Dopo l’ordalia della parola che abbiamo appena descritto, dopo aver chiarito con esempi lampanti che la parola può essere un’arma esiziale nelle vostre mani, potrebbe sembrarvi strano, che io adesso vi venga a raccontare che tacere è un modo straordinario per rendersi insopportabile, ed infine farsi lasciare dal proprio uomo.
E’ un po’ come per la cioccolata.
Può piacervi da impazzire, ma mangiare quattro chili di nutella nell’arco della stessa giornata potrebbe spedirvi difilate all’ospedale, avendo voi vinto un buono omaggio per una deliziosa lavanda gastrica, e regalarvi un disgusto insopprimibile nei confronti della famosa crema di nocciole testè nominata fino alla fine dei vostri giorni.
Ogni cosa sulla quale potete creare uno squilibrio ogni cosa che potete esagerare, vale la pena di tentarlo.
E così, il silenzio.
Pensate alla sensazione ingannevolmente piacevole che lui può provare nel tornare a casa dal lavoro, e vedere che lo accogliete con un sorriso, e nulla più.
Sulle prime, lo troverà riposante.
Poi, direi dopo un minuto e mezzo, al massimo, vi chiederà (attente, se non è vero!):
tutto bene?
C’è qualcosa che non va?
Perché è talmente abituato a sentirvi parlare del più e del meno e del per e della diviso, come si suol dire, che questa variazione nella routine lo sconcerta.
E voi, serafiche, risponderete con la parola che tutti gli uomini del mondo sanno presagire orrende, innominabili catastrofi:
NIENTE.
D’altronde, è assolutamente vero:
non avete proprio niente.
Ma lui non può saperlo, e quindi, si preoccuperà come non si è mai preoccupato in vita sua.
Solo che il suo futuro immediato sarà anche peggiore.
Lo so:
vi costerà un grosso sforzo, non raccontargli per filo e per segno le vostre astruse elucubrazioni,
non rimproverarlo perché ha messo il formaggio sul ripiano sbagliato del frigo,
non ridere del fatto che non trova i calzini nel cassetto dei calzini (in realtà, sono nel cassetto delle canottiere dell’altro armadio, ma voi e solo voi potete saperlo),
e via di questo passo.
Non cedete alla tentazione.
Dovrete parlare solo se interrogate, e soltanto in caso di pericolo immediato di vita (possibilmente, il vostro; il suo, magari pensateci un attimo, prima di farlo);
al vostro confronto, un frate trappista dovrà sembrare vano e ciarliero.
Nonché barbuto, nel confronto, mi auguro.
Insomma:
avete capito.
Questa manovra gli risulterà intensamente nociva per vari motivi.
Tanto per cominciare, non sarà in grado di pensare di non essere, in qualche modo, causa del vostro nuovo comportamento;
il che è vero, tecnicamente, ma non come pensa lui.
E questa cosa, in assenza di spiegazioni, lo manderà velocemente in paranoia.
Poi, potrà pensare che non stiate bene, a prescindere dalla causa;
e questo dubbio, protratto nel tempo, lo farà grandemente intristire.
Lo so:
è crudele.
Ma se sentite che state per cedere, pensate a quanto sarà crudele accoltellarlo, o lasciarlo, se non si decide a farlo prima lui.
Lui sarà che si chiede che fine ha fatto la persona anche rompiscatole, ma interessante, che si era messo in casa;
e voi, una specie di automa, magari un po’ imbronciata.
In breve tempo, e non parlo di anni, ma di mesi, alla peggio, si ridurrà ad andare con la parrucchiera.
Perché con lei,
(che per deformazione professionale data da quel particolare mestiere, non le mancano certo gli argomenti, anche se magari sono fatti altrui)
sente di poter veramente avere un dialogo.