Il bambino che parlava con il diavolo
Lascia un commentomarzo 31, 2011 di carlovanni
Se non ci fosse la Biblioteca Municipale a sostenermi, probabilmente leggerei molto meno di quanto io non faccia. Perchè avrei già da tempo imparato a non fidarmi delle mirabolanti recensioni altrui, ed eviterei di comprare un sacco di libri.
Ma, potendo provarli gratis, il discorso cambia. E per fortuna.
Ad esempio; questo libro di Justin Evans, salutato come “Miglior scritto del 2007” (i soliti esagerati), il cui autore è presentato come un genio, bene, vi dirò; vale veramente la pena, di leggerlo.
E’ un thriller psicologico (o parapsicologico?) molto ben scritto, che si avvia abbastanza in sordina, per poi costringervi a girare le pagine per sapere come diavolo (appunto) proseguirà la vicenda, come andrà a finire.
I più nostalgici sentiranno di nuovo nelle narici, qua e là, l’odore familiare de “L’esorcista”, il bel romanzo di Blatty; ad alcuni sembrerà un po’ troppo tranquillo; quello che penso io è che si tratta di un romanzo scritto con intelligenza e mestiere, senza voler strafare, e che sa catturare l’attenzione e tenerla fino alla fine.
Il che, in un mondo di romanzi che non arrivi manco a pagina 10 prima di stufarti, non è davvero poco.
Oltretutto, mi ha portato a riflettere su di una cosa. Una caratteristica dell’animo, o meglio, una sua pecca.
Mi sto chiedendo in questi giorni se, infine, non si tratti del tanto favoleggiato conflitto bene/male, ma di vita contro non vita, presenza, contro assenza; che il Male non sia poi quella spinta che abbiamo tutti a lasciarci andare, a stancarci di esserci? E che l’unica preghiera efficace contro questo sia la magia del Fare? Non fare il bene, insomma, ma comunque, fare, preferibile a qualsiasi scivolare nel nulla?
Potrebbe essere che dopo un po’, a furia di non parlare con nessuno, anche parlare col Diavolo sia meglio di niente.