Il senso di colpa dell’impiegato.
Lascia un commentomarzo 29, 2011 di carlovanni
Leggo sulla mail che mi manda una cara amica che sta lavorando per tre. Pagata per una, ovvio.
E alla mia domanda, ma perchè lo fai? Mi risponde: altrimenti mi viene il senso di colpa, per non aver realizzato il massimo di quello che potevo fare.
Trattasi di persona molto umana e molto intelligente. Quindi, se succede a lei, può succedere a tutti.
Non sei pagata per dare il massimo, sei pagata per stare lì. Se ti pagassero per fare del tuo meglio, il tuo stipendio sarebbe almeno 3500 euro al mese.
Se ci fai caso, il tuo stipendio è regolato da una paga oraria, mica a risultati; E SE PURE, ti premia in base a parametri ridicoli, e sempre per frazioni altrettanto ridicole.
Il costo orario è tarato su ragionamenti tayloristici di resa dell’operaio medio.
Allora: io sto seduto lì, e pretendo che mi portiate la roba già predigerita.
Sono un operaio, o no?
Poi, non chiedetemi di partecipare alle riunioni, non vogliatemi motivare, non chiedetemi se mi piace, se sono allegro, se faccio gli straordinari; sono una macchina flessibile.
Se avevate trovato il modo di avere una macchina flessibile quanto me, mi avevate già sostituito. Le cose stanno semplicemente così.