Le regole di Mosca, così così
Lascia un commentomarzo 6, 2011 di carlovanni
Avevo voglia di un bel thriller, ma le prime due volte che ho visto questo libro nello scaffale delle novità l’ho annusato, e l’ho messo giù.
Come quasi tutti, ho fatto la mia bella indigestione da spionaggio oltrecortina un decennio o due fa, periodo in cui i cattivi per antonomasia erano, sempre, i russi; e questo, senza mai essere stato un fan sfegatato di Le Carrè, del quale possiedo tutto, ma ho letto pochissimo. Magari, in un giorno (o due) di pioggia…
Alla fine ho capitolato. La citazione “Non guardatevi alle spalle. Non sarete mai completamente soli.” mi ha convinto, mi sono immaginato mentre faccio pipì nei bagni dell’Autogrill, e devo dire che la regola calza alla perfezione ed è realistica.
E’ un thriller che, quanto ad ambientazione, risente della recente passione degli scrittori anglosassoni per i Paesi europei più vacanzieri, in particolare Francia e Italia – se ci badate, anche 007 spesso si polleggia da queste parti.
Aspettatevi quindi com’è d’obbligo una visione tanto bucolica quanto bidimensionale delle colline toscane e delle spiagge francesi; proseguite senza irritarvi, perchè c’è di peggio. Qui, almeno, al contrario di altri romanzi, non troverete nessun maresciallo dei Carabinieri che si chiama, poniamo, Dante Boccaccio, o Giuseppe Cavour, chiaro segno di scarsa preparazione da parte di chi scrive.
Il cattivo, come si evince chiaramente dalle primissime battute, è di nuovo l’Orso sovietico, in tutte le sue forme; per cui, se ne avete abbastanza di queste contrapposizioni politiche, rivolgetevi ad altri scrittori, tipo Martin Cruz Smith, sempre ottimo.
Il libro si legge piuttosto bene. La costruzione della trama procede spedita, i personaggi sono decorosi, l’azione è accettabile. Circa a metà romanzo, mi ha colto il dubbio che il protagonista fosse già stato impegnato in altri romanzi dello stesso autore: era troppo perfetto, troppo impeccabile, c’erano troppi rimandi a sue tragedie personali delle quali si dava per scontato che il lettore dovesse già sapere qualcosa. In effetti, è così, non mi ero ingannato. Per cui, se volete seguire le avventure di questo tizio, forse è meglio che vi date una scorsa alla bibliografia di Daniel Silva
http://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Silva
e partite col primo della serie di Gabriel Allon, anche perchè di solito i primi libri di ogni autore sono i migliori: dopo, un po’ si stufa, un po’ si addormenta sugli allori, si va scemando.
Anche gli editori, del resto, seguono la stessa parabola. Ci sono evidenti pecche in questo libro che se le avesse scritte un novizio il manoscritto sarebbe finito direttamente nella differenziata; ad esempio, personaggi che mentre conversano raccontano, ad uso e consumo del lettore, tutta la storia del protagonista (un reflusso dell’Effetto Salgari), tracce di evidente superomismo bondiano (Allon è bravo, bello, bono, intelligente, colto, e ha tre testicoli) e addirittura, in un punto, una tirata che è una evidente manifestazione di antipatia dell’autore nei confronti di una categoria.
Giudicate voi, a pag. 224:
“I francesi rimasero sbigottiti e profondamente offesi…del resto, è il ruolo in cui riescono meglio”.
Il fatto che magari siate d’accordo con la valutazione non dovrebbe distrarvi dal fatto che questa è una cosa che non si deve fare mai, MAI, quando si scrive.
Ad ogni modo; nonostante pecche sufficienti a causare sbadigli e qualche lacrimuccia, non è un romanzo da buttare via, e credo che proverò a leggere gli altri della stessa serie.