Satori, di Don Winslow – bah!
Lascia un commentomarzo 3, 2011 di carlovanni
Io ogni tanto vengo attratto in modo particolare dai titoli dei libri. Meglio ancora che per gli incipit, il titolo – una frase, anche una sola parola – in effetti deve essere un tale condensato di genialità da farti desiderare di aprire il tuo portafoglio ed immolare i risparmi come se fossero tanti piccoli Isacchi (anche la copertina, ovviamente, ha la sua parte in questo processo).
E’ così che ho scoperto Don Winslow: attraverso il titolo “L’inverno di Frankie Machine”, che accompagnato al semplice fatto che i libri gialli Einaudi Stile Libero difficilmente deludono, me l’ha fatto comprare al volo.
Ottima scelta: ne parlerò altrove, è una storia semplice e trascinante.
Ho accompagnato Winslow anche attraverso “L’anno del Cane” (buono) e “La pattuglia dell’alba” (un po’ meno buono), e ho comprato questo “Satori” sull’onda dell’affezione verso lo scrittore.
Errore. Grazie al sistema bibliotecario reggiano, è buona norma sfruttare l’opzione: leggere prima, comprare, poi, forse.
“Satori” è un curioso esperimento (leggi: marchettone spaziale) in cui l’autore si inventa un prequel per il classico di Trevanian, “Il ritorno delle Gru”, che andava fortissimo qualche decade fa.
Appunto: qualche decade fa poteva andare bene anche questo prequel. Non ho mai letto il libro di Trevanian, ma adesso mi toccherà. Devo capire se Winslow è riuscito a fare una stronzata di serie A (rovinare la memoria di un buon libro) o di serie B (replicare una stronzata d’essai).
Il personaggio protagonista soffre di un complesso di onnipotenza a tutto tondo: è figo, alto, ha un Q.I. di 300, scopa da Dio, uccide 6 uomini in 8 secondi con l’unghia del pollice sinistro (è destrorso), e ha anche un nome che è tutto un programma. Nikolaj Hel. Che sarebbe come dire, se fosse nato da noi, fai la superspia e casualmente ti chiami Lucio Béccafiga. Oppure, fai la superspia perchè hai un nome figo e ti hanno assunto per quello, vai a capire.
Poi, mi piace un sacco quando prima di fare qualsiasi azione “vede” tutto l’Universo in termini di partite di Go (gioco in cui lui, naturalmente, è un imbattibile campione).
E’ come se io fossi lì lì per fare la cacca, e alla luce del gioco del tresette a nun pijà (busche, traversone) decidessi strategicamente il da farsi, se tratteneri, espletare, aspettare di raggiungere l’ufficio, etc.
In sostanza, è uno di quei personaggi artificialmente superuomini che negli anni ’70 – ’80, figli di James Bond, potevano trovare una collocazione più che onorevole, ma che oggi dovrebbero poter affascinare solo adolescenti dall’indecisa sessualità o lettori oltrecortina, perchè sono realistici appena una spanna sopra i personaggi degli Harmony. Tipo, i ninja di Van Lustbader (e anche qui ne riparleremo).
Immancabili i combattimenti a mani nude con arti marziali invincibili, le scene di crudeli torture eseguite da personaggi cattivi nell’animo che fanno quel mestiere lì perchè sono sessualmente deviati, le ricche ereditiere trombate sull’altare e non, e, naturalmente, la descrizione minuziosa delle scopate con donne che meritano un 9 sulla scala digitale (ovvero: ti taglieresti 9 dita pur di fartele, come descritto nel film “L’ultimo Boyscout”, con Bruce Willis), femmine così lussureggianti e bagnate che di tanto in tanto le portano con dei voli appositi nel deserto per aumentarne la fertilità.
Insomma. Un mezza sòla, discretamente scritto, ma nulla più. E c’è da chiedersi come mai non l’abbia pubblicato Einaudi, ma bensì Bompiani (anche se all’epoca Trevanian fu affar loro, se non erro): che abbiano subodorato la fregatura?